Madre condannata per non aver consentito al marito separato di vedere i figli minori nei giorni e negli orari stabiliti.
Corte di Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 19 febbraio 2015, n. 7611
Commette reato il coniuge affidatario che impedisce, anche con comportamenti omissivi, lo svolgimento dell’incontro tra i figli minori ed il coniuge separato. Assume rilevanza penale la condotta tenuta dalla madre che abbia, di fatto, eluso l’esecuzione del provvedimento giudiziale concernente l’affidamento dei figli minori e, in particolare, il diritto di visita da parte del genitore non affidatario.
L’elusione, in questo specifico settore, può sostanziarsi in un qualsiasi comportamento da cui derivi la frustrazione delle legittime pretese altrui, ivi compresi gli atteggiamenti di mero carattere omissivo, posto che deve esaltarsi la polarizzazione della tutela attorno all’interesse all’osservanza del provvedimento. Sussiste infatti obbligo per il genitore affidatario di attivarsi concretamente e positivamente al fine di favorire lo svolgimento dell’incontro con il genitore non affidatario in nome «dell’equilibrato sviluppo psicologico del minore che contempla la permanenza di rapporti anche con il genitore non convivente». Sono evidenti le difficoltà probatorie a carico dell’imputato
Cassazione, sez. VI Penale, sentenza 11 dicembre 2014 – 19 febbraio 2015, n. 7611
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Lecce ha confermato quella emessa il 16/ 12/2009 dal Tribunale di Brindisi – Sezione Distaccata di Ostuni, con la quale D.L.V. era stata condannata alla pena, condizionalmente sospesa, di Euro 70,00 di multa per il reato di elusione di un provvedimento del giudice civile concernente l’affidamento dei figli minori (art. 388, commi 1 e 2 cod. pen.), commesso per non aver consentito al marito separato B.A. di vederli nei giorni e negli orari stabiliti durante un periodo di vacanza, con le statuizioni in favore della parte civile costituita. Confermando le valutazioni del primo giudice, la Corte territoriale ha ritenuto che l’imputata avesse eluso il provvedimento del giudice civile, ponendo in essere un atteggiamento di non collaborazione con il coniuge, impedendogli una visita ai minori presso il luogo di vacanze dove essi erano temporaneamente allocati, allegando un loro generico impegno per motivi ludici.
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputata deducendo violazione di legge e vizio di motivazione, per avere la Corte territoriale ravvisato un’ipotesi di elusione del provvedimento giudiziale in fattispecie caratterizzata da un unico episodio, del tutto residuale rispetto alla complessità dell’intera vicenda della separazione personale dei coniugi ed in assenza di comportamenti atti ad impedire l’esercizio del diritto di visita da parte del genitore separato.
Considerato in diritto
1. Il ricorso risulta infondato e come tale deve essere rigettato.
2. Va premesso che i termini della fattispecie oggetto di verifica nei giudizi di merito risultano pacifici ed incontestati: mentre stava trascorrendo un periodo di vacanze in un villaggio turistico con i due figli minori di cui era affidataria, la ricorrente si rifiutava di farli vedere al padre colà appositamente recatosi, in uno dei giorni di visita a questi riservati dal provvedimento presidenziale di separazione dei coniugi, adducendo che i minori erano impegnati in attività ludiche. È importante procedere a precisa individuazione della condotta contestata in quanto il panorama dei principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte regolatrice in tale materia risente talora della specificità della fattispecie oggetto di valutazione. L’interpretazione data al concetto di elusione del provvedimento giudiziale, che costituisce il proprium del reato contestato, è tuttavia sempre stata costante. Si è, infatti, affermato che l’elusione dell’esecuzione di un provvedimento del giudice civile riguardante l’affidamento di minori può concretarsi in un qualunque comportamento da cui derivi la “frustrazione” delle legittime pretese altrui, ivi compresi gli atteggiamenti di mero carattere omissivo (Sez. 6, sent. n. 33719 del’l 1/05/2010, C, Rv. 248157; Sez. 6, sent. n. 37118 del 10/06/2004, Patti, Rv. 230211). Sono state, altresì, valorizzate in senso negativo quelle condotte di non collaborazione da parte del genitore non affidatario come idonee ad integrare il concetto di elusione e la loro equipollenza rispetto al rifiuto espresso di ottemperare al provvedimento giudiziale (Sez. 6, sent. n. 27995 del 05/03/2009, Fichera, Rv. 244521 in fattispecie in cui era stato impedito all’altro genitore di trascorrere con il figlio il periodo di vacanza prestabilito). Alla luce di tali coordinate ermeneutiche, appare del tutto irrilevante la circostanza che, come dedotto dalla difesa della ricorrente, la fattispecie in esame riguardi un unico episodio, del tutto residuale rispetto alla dedotta complessità dell’intera vicenda della separazione coniugale: sotto tale ultimo profilo, anzi, la doglianza finisce per rivelarsi inammissibile in quanto postula una rivalutazione del compendio probatorio, completamente sostitutiva di quella spettante in via esclusiva ai giudici di merito e da questi congruamente argomentata.
3. La ricorrente allega, inoltre, che pur in assenza di comportamenti positivi da lei assunti atti ad impedire l’esercizio del diritto di visita da parte del genitore separato, si sarebbe limitata a rappresentare al padre la volontà manifestata, in peculiari forme, dai minori di voler continuare l’attività ludica in cui erano impegnati. Sull’irrilevanza scriminante della mera assenza di comportamenti positivi ostativi all’esercizio del diritto di visita da parte del genitore affidatario dei figli non può che rinviarsi ai già indicati principi affermati dalla giurisprudenza di questa Corte regolatrice. Quanto, invece, all’atteggiamento di rifiuto all’incontro con il genitore non affidatario manifestato, in termini espliciti o impliciti, dai minori e che il genitore affidatario abbia ritenuto di interpretare, va osservato che la giurisprudenza di legittimità ha sempre stigmatizzato la mancata attivazione di quest’ultimo a favorire lo svolgimento dell’incontro con il coniuge separato, in nome di un equilibrato sviluppo psicologico del minore che contempla la permanenza di rapporti anche con il genitore non convivente (Sez. 6, sent. n. 37118 del 10/06/2004, Patti, Rv. 230211 in fattispecie di dipendenza dell’atteggiamento di rifiuto del minore dalla forte conflittualità espressa dal genitore affidatario nei confronti del coniuge, escludendone la rilevanza quale giustificato motivo per il comportamento del primo).
Il motivo plausibile e giustificato, ostativo al mancato svolgimento del diritto di visita da parte del genitore non affidatario, che può, invece, costituire valida causa di esclusione della colpevolezza è stato dalla giurisprudenza di questa Corte di Cassazione individuato in quello che, pur senza configurare l’esimente dello stato di necessità di cui all’art. 54 cod. pen., deve essere stato determinato dalla volontà di esercitare il diritto – dovere di tutela dell’interesse del minore, in situazioni, transitorie e sopravvenute, non ancora devolute al giudice per l’eventuale modifica del provvedimento di affidamento, ma integranti i presupposti di fatto per ottenerla (Sez. 6, sent. n. 27613 del 19/06/2006, Del Duca ed altro, Rv. 235130; Sez. 6, sent. n. 4439 del 19/11/2004, Donati, Rv. 231478; Sez. 6, sent. n. 17691 del 09/01/2004, Bonacchi, Rv. 228490; Sez. 6, sent. n. 2720 del 20/01/1997, Maccarato C, Rv. 207529). Ebbene, al di là dell’ampia varietà delle concrete fattispecie esaminate, tutte quelle considerate risultano di “consistenza” di gran lunga superiore rispetto a quella sottesa all’odierno ricorso, connotata dall’asserita opportunità di non distogliere i minori dalla prosecuzione di un’attività ludica, situazione che in nessun caso consentirebbe di ottenere una modifica in senso peggiorativo per l’esercizio del diritto di visita da parte del genitore non affidatario.
4. Al rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sopportate dalla parte civile per la presente fase del giudizio, così come liquidate in dispositivo.
PQM
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali; la condanna, altresì, alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile, che liquida nella somma di Euro 3.500,00 aumentata del 15% per spese generali, oltre IVA e CPA.

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