A cura dell’Avv. Margherita Corriere – Presidente AMI sez. Distr. CZ
Con una recentissima sentenza (18475/15) la prima sezione del Tribunale di Roma, nella persona del Giudice Carmela Chiara Palermo, ha accolto la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale subito da un padre nei confronti della ex moglie che aveva impedito i rapporti della figlia con la figura genitoriale paterna, con una condotta ostruzionista, che aveva violato il suo diritto alla genitorialità.
Era infatti emerso dagli atti processuali il nesso eziologico tra la condotta illecita della moglie nei confronti dell’ex coniuge con il danno subito da quest’ultimo. Già una ctu espletata nella fase di separazione giudiziale aveva accertato “la sindrome nota come alienazione parentale o genitoriale, nella quale un genitore attiva una sorta di programmatico allontanamento dei figli da e contro l’altro genitore, talvolta con il pieno coinvolgimento in tal senso dei figli stessi”, che inconsapevolmente vengono manipolati e rifiutano il genitore cosiddetto alienato , diventando vittime di un meccanismo che provocherà loro deprivazione affettiva e spesso anche problematiche psichiche.
Si assiste pertanto al comportamento di un genitore macchinatore, il cui fine è quello di annientare il rapporto del figlio con l’altro genitore. Si opera così l’indottrinamento da parte di uno dei due genitori, che mette in atto, con il contributo attivo del figlio, una sorta di lavaggio di cervello finalizzata alla denigrazione dell’altro genitore e che conduce il minore a distaccarsi dalla realtà, ad alienarsi dagli affetti e a provare astio e disprezzo immotivato e costante nei confronti del genitore preso di mira.
Nel caso in esame il Giudice afferma che “tutto ciò integra, senza alcun dubbio, la lesione del diritto personale dell’attore alla genitorialità”, che è un diritto garantito e tutelato dagli articoli 2 e 29 della nostra Costituzione e la cui privazione sicuramente gli ha provocato grande nocumento e sofferenza sia per non aver potuto assolvere – per causa imputabile solo alla condotta illecita della ex moglie – a quei doveri che scaturiscono dalla responsabilità genitoriale, sia per non aver potuto gioire della presenza e dell’affetto della figlia.
Il Tribunale fa rilevare pertanto come l’annullamento della funzione genitoriale provoca un grave danno morale ed esistenziale, poiché impedisce al genitore di poter assolvere ai propri doveri nei confronti della prole, bisognosa di cura, affetto, istruzione ed educazione da parte di entrambi i propri genitori.
Da qui la condanna della convenuta al risarcimento nei confronti dell’ex marito del danno non patrimoniale da alienazione parentale, liquidato in via equitativa in 20.000,00 euro.
Ricordiamo, come precedente in materia, la sentenza del Tribunale di Roma del 2012, che ha condannato la madre manipolatrice, che aveva ostacolato per molti anni l’ex coniuge nei rapporti genitoriali con la figlia, a risarcire all’ex marito 50.000,00 euro per danno esistenziale.
In questo caso, a seguito della separazione, l’ex moglie aveva intralciato in tutti i modi il rapporto genitoriale tra padre e figlia, giungendo persino a sporgere nei confronti del marito una calunniosa ed infamante denuncia di violenza sessuale verso la figlia. Anche in questo caso il Tribunale , riconoscendo il diritto al risarcimento del danno affermava che la condotta alienante materna aveva causato “una gravissima compromissione dei rapporti affettivi del padre verso la figlia minore, con conseguente lesione del diritto costituzionalmente garantito alla genitorialità”.
Il risarcimento veniva poi ridotto dalla Corte di Appello di Roma nel quantum ad euro 15.000,00; seguiva pronuncia della Corte di Cassazione, che, chiamata a decidere in ultima istanza, con sentenza n.6790/2016 cassava tale decisione, rinviando ad altra sezione della Corte di Appello di Roma, nella sola parte in cui il giudice di secondo grado non dava affatto conto “dell’iter logico seguito nella quantificazione del danno in via equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c a favore del padre per lesione del diritto tutelato dagli artt. 2 e 29 della Costituzione in riferimento all’illecito aquiliano ascritto alla ex moglie”. Sostiene infatti la Suprema Corte che tale liquidazione , seppur “affidata ad apprezzamenti discrezionali del giudice di merito deve comunque essere sorretta dalla intellegibile indicazione dei criteri adottati a base del procedimento valutativo”.
È pertanto univoca la recente giurisprudenza sia di merito che di legittimità sulla risarcibilità del danno non patrimoniale subito dal genitore alienato; ancora controverso è solo il quantum, che, essendo liquidato in via equitativa, deve essere sostenuto da un adeguato e congruo iter logico, che tenga nel dovuto conto la gravità dei fatti, la durata degli stessi, i rapporti tra le parti, la loro personalità e i le loro condizioni socio-economiche -culturali.
Avv. Margherita Corriere

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