Carta di Noto IV
14 ottobre 2017
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Premessa
La memoria non è una riproduzione precisa degli eventi percepiti in quanto essa è un processo dinamico e (ri)costruttivo. Il processo mnestico è molto sensibile alle influenze esterne che possono interferire a livello della codifica, del consolidamento e/o del richiamo. Gli effetti dei processi di costruzione della memoria autobiografica assumono una particolare rilevanza nei bambini, a causa della loro maggiore suggestionabilità, della loro dipendenza dal contesto ambientale e dalla difficoltà nel corretto monitoraggio della fonte di informazioni (esperienza vissuta, assistita o narrata).
È probabile che eventuali vuoti nel ricordo siano colmati con elementi coerenti con l’avvenimento oggetto del ricordo inferiti da informazioni disponibili, per quanto non direttamente percepiti durante l’esperienza originaria. L’amnesia infantile può essere totale, prima dello sviluppo del linguaggio (primi due anni di vita), o parziale, nel periodo in cui il bambino non ha ancora acquisito piena competenza linguistica (sino ai tre anni e mezzo circa). In ogni caso, i ricordi riferiti a questa fase evolutiva, per essere considerati accurati e credibili, devono essere corroborati da riscontri indipendenti ed estrinseci.
I bambini sono sempre da considerarsi testimoni fragili perché educati a non contraddire gli adulti e non sempre consapevoli delle conseguenze delle loro dichiarazioni e, pertanto, propensi a confermare una domanda a contenuto implicito. Richiesti da un adulto, i bambini possono mostrarsi compiacenti (cioè tendono a conformarsi a ciò che presuppongono sia desiderato dall’interrogante) e persino suggestionabili (cioè si convincono intimamente che le cose sono andate in un certo modo, così come più o meno esplicitamente suggerito dall’interrogante).
Il seguente protocollo, nel fare propri i principi delle “Linee guida nazionali – L’ascolto del minore testimone” (2010), delinea e specifica, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, le migliori prassi a cui attenersi nella raccolta della testimonianza di un minore e nella valutazione della sua capacità di testimoniare.
Linee guida
1. E’ necessario che gli esperti (psicologi, psichiatri e neuropsichiatri infantili) e le altre figure professionali (magistrati, avvocati, Polizia Giudiziaria) coinvolte nella raccolta della testimonianza dei minori possiedano specifiche competenze legate ad una aggiornata formazione in psicologia forense e della testimonianza.
2. Il minore va sentito in contraddittorio il prima possibile. Le dichiarazioni vanno assunte utilizzando protocolli d’intervista o metodiche basate sulle indicazioni della letteratura scientifica accreditata, nella consapevolezza che l’audizione del minore potrebbe causare modificazioni e alterazioni del ricordo. Le audizioni effettuate o ripetute ad una considerevole distanza temporale vanno valutate con grande cautela a causa della condizione psicologica mutata rispetto all’epoca dei fatti e dei potenziali fattori di inquinamento del ricordo.
3. È opportuno che l’attività di assistenza psicologica o psicoterapeutica del minore – salvo casi di particolare urgenza e gravità – avvenga dopo che questi ha reso testimonianza in sede di incidente probatorio.
4. La funzione dell’esperto incaricato di effettuare l’audizione e/o una valutazione a fini giudiziari deve restare distinta da quella finalizzata al sostegno e al trattamento e va pertanto affidata a soggetti diversi. La distinzione dei ruoli e dei soggetti deve essere rispettata anche nel caso in cui tali compiti siano attribuiti ai Servizi Socio-Sanitari pubblici. In ogni caso, i dati ottenuti nel corso delle attività di sostegno e di terapia del minore non sono influenti, per loro natura, ai fini dell’accertamento dei fatti.
5. Gli esperti devono avere una competenza specifica e documentabile. E’ diritto delle parti processuali, in occasione del conferimento di ogni incarico peritale, interloquire sull’effettiva competenza dell’esperto e sul contenuto dei quesiti.
6. Le procedure d’intervista devono adeguarsi allo sviluppo cognitivo ed emotivo del minore. L’audizione di soggetti minori va effettuata avvalendosi di un esperto ausiliario con funzioni di facilitazione comunicativa. Il suo contributo non ha finalità cliniche o di mera assistenza psicologica, ma deve rivolgersi a raccogliere elementi utili a far luce sul fatto oggetto di indagine, mitigando il rischio di vittimizzazione secondaria.
7. Per evitare anche involontari condizionamenti nella conduzione delle interviste è preferibile che l’esperto che coadiuva il magistrato nella raccolta della testimonianza sia diverso dall’esperto incaricato della verifica dell’idoneità a testimoniare.
8. In sede di raccolta delle dichiarazioni occorre ridurre il numero delle audizioni. Il minore deve essere avvertito della finalità della sua audizione con la possibilità di dire che “non ricorda” e “non sa”. Le interviste vanno opportunamente audio-videoregistrate avendo cura che vengano documentate anche le modalità dell’interazione dell’esperto con il minore (comunicazione non verbale, feedback, ecc.). Nel proporre domande occorre evitare che esse lascino trapelare aspettative dell’interrogante o che diano per scontati fatti che sono oggetto di indagine. L’incontro deve avvenire in orari, tempi, modi e luoghi tali da assicurare, per quanto possibile, la serenità del minore, evitando ogni contatto con l’accusato. Occorre contenere la durata e le modalità dell’audizione in tempi rapportati all’età e alle condizioni emotive del minore. Durante l’intervista va verificato se il minore ha raccontato in precedenza i presunti fatti ad altre persone e con quali modalità.
9. L’incidente probatorio è la sede privilegiata di acquisizione delle dichiarazioni del minore nel corso del procedimento. Onde limitare il rischio sia di fenomeni di vittimizzazione secondaria, sia di rielaborazione/contaminazione del ricordo degli eventi vissuti, risulta opportuno procedere all’audizione in sede di S.I.T. solo in caso di necessità, ovvero quando gli elementi probatori non siano sufficienti per proseguire l’azione penale.
10. Per soggetti di età inferiore agli anni dodici si ritiene necessario, salvo in casi di eccezionali e comprovate ragioni di tutela del minore, che sia sempre disposta perizia al fine di verificarne la idoneità a testimoniare sui fatti oggetto d’indagine.
11. Nella valutazione del minore gli esperti dovrebbero utilizzare metodologie evidence-based e strumenti che possiedano le caratteristiche di ripetibilità e accuratezza e che siano riconosciuti come affidabili dalla comunità scientifica di riferimento.
12. In tema di idoneità a testimoniare le parti e gli esperti si assicurano che i quesiti siano formulati in modo da non implicare giudizi, definizioni o altri profili di competenza del giudice.
Non vanno utilizzate dall’esperto espressioni come “attendibilità”, “credibilità”, “veridicità”, “compatibilità” perché potenzialmente fuorvianti. Il quesito posto all’esperto dovrebbe riferirsi a quanto accreditato dal patrimonio di conoscenze della comunità scientifica. Ove la richiesta peritale esorbitasse dalle sue competenze e da quanto è accreditato dal patrimonio scientifico attuale, l’esperto deve farlo presente al giudice.
13. L’idoneità a rendere testimonianza sulla quale l’esperto è chiamato ad esprimersi comprende capacità generiche e specifiche. Le prime riguardano funzioni cognitive quali la memoria, l’attenzione, le capacità di comprensione e di espressione linguistica, la capacità di individuare la fonte delle informazioni, le capacità di discriminare realtà e fantasia, il verosimile dal non verosimile, ecc., nonché il livello di suggestionabilità e di maturità psico-affettiva. Le capacità specifiche riguardano l’abilità del minore di organizzare e riferire il ricordo in relazione alla complessità esperienziale di quello che si suppone essere avvenuto e l’eventuale presenza di influenze suggestive, interne o esterne (derivanti dall’interazione con adulti o con coetanei) che possano avere interferito nel racconto.
14. In sede di accertamento dell’idoneità specifica è necessario chiarire e considerare le circostanze e le modalità attraverso cui il minore ha narrato i fatti a familiari, operatori sociali, Polizia Giudiziaria ed altri soggetti.
15. All’esperto non può essere demandato il compito di accertare la veridicità e la validità del racconto o dei racconti resi; i metodi scientifici che sono stati sviluppati non possono essere applicati all’accertamento della verità fattuale della produzione narrativa del minore. La idoneità a testimoniare non implica la veridicità e la credibilità della narrazione.
16. L’accertamento sull’idoneità a testimoniare deve precedere l’audizione del minore e, in ogni caso, non è possibile inferire la capacità stessa dalla qualità (coerenza interna, caratteristiche narrative, ecc.) della testimonianza resa. In caso di abuso intrafamiliare le valutazioni devono essere estese ai familiari, ove possibile e, ove necessario, al contesto sociale del minore.
17. Non è metodologicamente corretto esprimere un parere sull’idoneità a testimoniare senza aver esaminato il minore e gli adulti di riferimento, salvo che non ve ne sia la rituale e materiale possibilità, dando conto in tal caso delle ragioni dell’incompletezza dell’indagine.
18. Non esistono segnali psicologici, emotivi e comportamentali validamente assumibili come rivelatori o “indicatori” di una vittimizzazione. Non è scientificamente fondato identificare quadri clinici riconducibili ad una specifica esperienza di abuso, né ritenere alcun sintomo prova di essi. Parimenti, l’assenza di sintomatologia psicologica, emotiva e comportamentale in capo al minore non può escluderli.
19. Non è possibile diagnosticare un disturbo post-traumatico da stress o un disturbo dell’adattamento ricavandone l’esistenza dalla sola presenza di sintomi, i quali potrebbero avere altra origine.
20. Attenzione particolare va riservata ad alcune situazioni specifiche, idonee ad influire sulle dichiarazioni dei minori, quali:
a) separazioni dei genitori caratterizzate da inasprimento di conflittualità dove si possono verificare, ancor più che in altri casi, situazioni di falsi positivi o falsi negativi;
b) allarmi generati solo dopo l’emergere di un’ipotesi di abuso;
c) fenomeni di suggestione e di “contagio dichiarativo”;
d) condizionamenti o manipolazioni anche involontarie (es. contesto psicoterapeutico, scolastico, ecc.).
21. Tutto il materiale audio-videoregistrato, anche in contesti quotidiani e domestici, relativo all’ascolto di minori da parte di figure adulte significative, deve essere acquisito agli atti al fine di valutare l’eventuale presenza di elementi suggestivi.
22. Qualora il minore sia sottoposto a test psicologici, i protocolli e gli esiti della somministrazione devono essere prodotti integralmente ed in originale. I test utilizzati devono essere caratterizzati da comprovata validità e fedeltà scientifica. La scelta dei test è affidata alla competenza dell’esperto che dovrà rispondere al giudice e alle parti del loro grado di scientificità. I test, compresi quelli proiettivi, e i disegni non sono utilizzabili per trarre conclusioni sulla veridicità dell’abuso. L’impiego delle bambole anatomiche è altamente sconsigliato. L’utilizzazione del disegno e/o del gioco, se strettamente necessari, dovrebbe rivolgersi unicamente a favorire la comunicazione con il minore.
23. Nei casi di abusi e/o maltrattamenti collettivi cioè di eventi in cui si presume che una o più persone abbiano abusato e/o maltrattato più minori, occorre acquisire elementi per ricostruire, per quanto possibile, la genesi e le modalità di diffusione delle notizie anche al fine di evidenziare o escludere una eventuale ipotesi di contagio dichiarativo.
Firmatari
Anna Balabio, Giovanni Battista Camerini, Sara Codognotto, Antonietta Curci, Carmelo Dambone, Antonio Forza, Guglielmo Gulotta, Cataldo Intrieri, Moira Liberatore, Laura Lombardi, Carmela Parziale, Marco Pingitore, Irene Rossetti, Giuseppe Sartori, Claudia Squassoni, Laura Volpini.
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