Il recentissimo decreto della Corte d’Appello di Brescia con il quale si dispone la collocazione prevalente del bambino dell’ormai famoso “caso di Cittadella” presso il padre, con affidamento ai servizi, contiene alcune considerazioni molto interessanti sulla dibattuta questione della PAS, ribadendo come gli ostacoli posti dalla madre al rapporto del figlio con il padre facciano “regredire il minore” e lo pongano in posizione di “grave rischio di disturbi della personalità”, “indipendentemente dalla qualifica dal punto di vista medico” della nozione di “alienazione parentale”. Queste osservazioni si pongono in continuità sia con il Documento sugli ostacoli al diritto alla bigenitorialità e sul loro superamento sia con il recente documento della Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza (SINPIA) sul medesimo tema e collocano correttamente la questione non già sul piano della collocazione nosografica della nozione stessa ma sul piano del rispetto e della tutela dei diritti relazionali dei soggetti coinvolti, evidenziando la dannosità delle condotte poste in evidenza. Il provvedimento ottempera inoltre le indicazioni contenute nelle ultime sentenze della Corte EDU in tema di rispetto della vita familiare ed apre prospettive che tengano conto, in primo luogo, dell’interesse superiore dei bambini coinvolti in queste vicende. SI spera che finalmente il sipario cali su questo caso che tanto ha fatto discutere e che possa invece proseguire il dibattito sulle misure più opportune da adottare in queste situazioni.
Giovanni Camerini

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