Prof. Gulotta ha anticipato.
Tra i Problemi Relazionali, il DSM-V descrive i Problemi legati all’Educazione Genitoriale e, all’interno di questi, il Bambino affetto da Distress da Relazione Genitoriale (V61.29): “Questa categoria dovrebbe essere usata quando il focus dell’attenzione clinica è rappresentato dai negativi effetti della discordia nella relazione tra i genitori (per esempio alti livelli di conflittualità, di distress, o di denigrazione) su un bambino della famiglia, inclusi gli effetti sui disturbi mentali o su altre condizioni mediche nel bambino”.
Qualora la relazione tra i genitori sia contraddistinta soprattutto da un’azione di denigrazione dell’uno nei confronti dell’altro, questa condizione corrisponde alla nozione di Parental Alienation secondo la definizione di Bernet (2008) ripresa da Cavedon e Magro (2010) a partire dalla originaria teorizzazione di Gardner (1985).
Si tratta quindi, nel presente specifico caso, di indicare i comportamenti del sig./della sig.ra X coerenti con l’ipotesi in questione.
(Descrivere i comportamenti più significativi in tal senso:
– indottrinamento circa i difetti e le mancanze
– estensione delle critiche alla famiglia allargata
– coinvolgimento di altri membri della famiglia
– sollecitazione di un’alleanza
– legame simbiotico
– tentativo di sostituzione del genitore con il proprio/la propria partner
– ostacolo alle visite
– denunce infondate di molestie – …)
La condizione descritta coinvolge sia il piano giudiziario, sia quello clinico:
– sul piano giudiziario, i comportamenti in questione qualificano una violazione dei diritti relazionali dei soggetti coinvolti ed in particolare il diritto del minore alla bigenitorialità, giustificando quindi eventuali misure e provvedimenti in una prospettiva di tutela. Come ha ribadito in diverse sentenze la Corte EDU, gli “obblighi positivi” di cui si discute non si limitano al controllo a che il bambino possa incontrare il suo genitore o avere contatti con lui ma includono l’insieme delle “misure preparatorie” che permettono di raggiungere questo risultato. Per essere adeguate, le misure deputate a riavvicinare il genitore con suo figlio devono essere attuate rapidamente, perché il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui. Non deve, dunque, trattarsi di “misure stereotipate ed automatiche”.
– sul piano clinico, va rilevato quanto il DSM-V specifica a proposito dei Problemi Relazionali: “Un problema relazionale può sollecitare un’attenzione clinica in ragione del fatto che il soggetto cerca un’assistenza sanitaria o per un problema che riguarda il decorso, la prognosi o il trattamento di un disturbo mentale o di un’altra condizione medica”. Questi problemi richiedono spesso un intervento psicosociale in una prospettiva clinica e preventiva. Si rimanda a tale proposito al documento redatto dalla SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) – maggio 2013 -: “La comunità scientifica è concorde nel ritenere che l’alienazione di un genitore non rappresenti di per sé un disturbo individuale a carico del figlio ma piuttosto un grave fattore di rischio evolutivo per lo sviluppo psicoaffettivo del minore stesso”.
Il Prof. Giovanni Battista Camerini suggerisce una serie di considerazioni da utilizzare nelle CTU nei casi in cui si riscontrasse la cara e vecchia “PAS – Sindrome di Alienazione Genitoriale” alla luce dell’uscita del nuovo DSM 5 in cui sono inserite le recenti definizioni che il Tra i Problemi Relazionali, il DSM-V descrive i Problemi legati all’Educazione Genitoriale e, all’interno di questi, il Bambino affetto da Distress da Relazione Genitoriale (V61.29): “Questa categoria dovrebbe essere usata quando il focus dell’attenzione clinica è rappresentato dai negativi effetti della discordia nella relazione tra i genitori (per esempio alti livelli di conflittualità, di distress, o di denigrazione) su un bambino della famiglia, inclusi gli effetti sui disturbi mentali o su altre condizioni mediche nel bambino”.
Qualora la relazione tra i genitori sia contraddistinta soprattutto da un’azione di denigrazione dell’uno nei confronti dell’altro, questa condizione corrisponde alla nozione di Parental Alienation secondo la definizione di Bernet (2008) ripresa da Cavedon e Magro (2010) a partire dalla originaria teorizzazione di Gardner (1985).
Si tratta quindi, nel presente specifico caso, di indicare i comportamenti del sig./della sig.ra X coerenti con l’ipotesi in questione.
(Descrivere i comportamenti più significativi in tal senso:
– indottrinamento circa i difetti e le mancanze
– estensione delle critiche alla famiglia allargata
– coinvolgimento di altri membri della famiglia
– sollecitazione di un’alleanza
– legame simbiotico
– tentativo di sostituzione del genitore con il proprio/la propria partner
– ostacolo alle visite
– denunce infondate di molestie – …)
La condizione descritta coinvolge sia il piano giudiziario, sia quello clinico:
– sul piano giudiziario, i comportamenti in questione qualificano una violazione dei diritti relazionali dei soggetti coinvolti ed in particolare il diritto del minore alla bigenitorialità, giustificando quindi eventuali misure e provvedimenti in una prospettiva di tutela. Come ha ribadito in diverse sentenze la Corte EDU, gli “obblighi positivi” di cui si discute non si limitano al controllo a che il bambino possa incontrare il suo genitore o avere contatti con lui ma includono l’insieme delle “misure preparatorie” che permettono di raggiungere questo risultato. Per essere adeguate, le misure deputate a riavvicinare il genitore con suo figlio devono essere attuate rapidamente, perché il trascorrere del tempo può avere delle conseguenze irrimediabili sulle relazioni tra il fanciullo e quello dei genitori che non vive con lui. Non deve, dunque, trattarsi di “misure stereotipate ed automatiche”.
– sul piano clinico, va rilevato quanto il DSM-V specifica a proposito dei Problemi Relazionali: “Un problema relazionale può sollecitare un’attenzione clinica in ragione del fatto che il soggetto cerca un’assistenza sanitaria o per un problema che riguarda il decorso, la prognosi o il trattamento di un disturbo mentale o di un’altra condizione medica”. Questi problemi richiedono spesso un intervento psicosociale in una prospettiva clinica e preventiva. Si rimanda a tale proposito al documento redatto dalla SINPIA (Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza) – maggio 2013 -: “La comunità scientifica è concorde nel ritenere che l’alienazione di un genitore non rappresenti di per sé un disturbo individuale a carico del figlio ma piuttosto un grave fattore di rischio evolutivo per lo sviluppo psicoaffettivo del minore stesso”.
Iscriviti alla Newsletter via WhatsApp
Condividi questo post
Post correlati
Total Views: 538Daily Views: 1