Corte di Cassazione
sez. 3 Penale
sentenza 26 settembre – 2 dicembre 2019, n. 48738
Presidente Izzo – Relatore Gai
Ritenuto in fatto
1. Con l’impugnata sentenza, la Corte d’appello di Messina ha confermato la sentenza del Tribunale di Patti con la quale R.F. era stato condannato, alla pena di anni sette e mesi sei di reclusione, perché ritenuto responsabile del reato di cui all’art. 609 bis c.p., art. 609 ter c.p., comma 2, art. 61 c.p., n. 11, per avere costretto la minore N.M.G. , di età inferiore a dieci anni, a subire atti sessuali consistiti nell’introduzione del pene in bocca, con abuso di relazione di ospitalità. In (omissis) .
2. Avverso la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, a mezzo del difensore, e ne ha chiesto l’annullamento deducendo i seguenti motivi enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come dispone l’art. 173 disp. att. c.p.p..
2.1. Violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) in relazione all’art. 169 c.p.p. e travisamento della prova.
La corte territoriale, in risposta all’eccezione di nullità dell’incidente probatorio, avrebbe erroneamente ritenuto che l’imputato avesse ricevuto regolare notificazione dell’avviso ad eleggere domicilio in Italia e a nominare un difensore di fiducia (il 23/06/2012), laddove la sottoscrizione apposta alla cartolina di ricevimento conterrebbe una sigla non appartenente all’imputato, non conterrebbe neppure il nominativo del ricevente e la raccomandata sarebbe stata indirizzata presso altro indirizzo e non alla residenza dell’imputato in Germania. Da cui la nullità dell’incidente probatorio, successivamente espletato con l’audizione della minore al 05/11/2012, per essere l’ordinanza di ammissione stata notificata al difensore d’ufficio.
2.2. Violazione di cui all’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in relazione all’illogicità e contraddittorietà della motivazione, anche con travisamento della prova, in relazione all’affermazione della responsabilità penale per l’art. 609 bis c.p., art. 609 ter c.p., comma 2, art. 61 c.p., n. 11, violazione dell’art. 192 c.p.p..
La corte territoriale sarebbe pervenuta alla conferma della sentenza dei Tribunale in violazione delle regole stabilite dalla Carta di Noto e senza fornire congrua motivazione sul punto. Se è pur vero che le regole stabilite dalla Carta di Noto non siano vincolanti e produttive di nullità degli atti, non di meno, il giudice sarebbe tenuto, in caso di mancato rispetto, ad esplicitare le ragioni per le quali ritenga comunque attendibile la prova dichiarativa di un soggetto minore assunta in violazione delle prescrizioni. Nel caso in esame, ciò sarebbe accaduto con riferimento al mancato espletamento di una consulenza per accertare la capacità a testimoniare della minore in assenza di motivazione congrua circa la non necessità di tale accertamento da parte dei giudici del merito.
3. In udienza, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
Considerato in diritto
4. Il ricorso non è fondato e va, pertanto, rigettato.
5. L’eccepita nullità dell’incidente probatorio, disattesa dalla corte territoriale, è tardiva.
Il ricorrente eccepisce, nel motivo di ricorso per cassazione, la nullità dell’incidente probatorio perché non preceduto da una sequenza corretta degli adempimenti, a partire alla notificazione, ai sensi dell’art. 169 c.p.p. della raccomandata con invito ad eleggere domicilio in Italia, seguita dalla mancata notificazione al R. della richiesta e dell’ordinanza di ammissione, atti notificati al difensore d’ufficio nominato in assenza di elezione di domicilio dell’imputato.
La censura, già devoluta ai giudici dell’impugnazione, è stata da quei giudici correttamente disattesa sul rilievo della regolare notificazione della raccomandata, ex art. 169 c.p.p., con sottoscrizione della cartolina di ricevimento da parte del R. , della elezione del domicilio solo in epoca successiva all’espletamento dell’incidente probatorio, e, dunque, dell’insussistenza della nullità per essere stati notificati gli atti al difensore d’ufficio nominato. In ogni caso la relativa eccezione, sollevata per la prima volta nei motivi di appello, era tardiva trattandosi di nullità a regime intermedio che non è stata eccepita a norma dell’art. 182 c.p.p..
Ora, col ricorso per cassazione l’imputato contesta la correttezza del procedimento a partire dall’inoltro della raccomandata, ex art. 169 c.p.p., inviata contestando la sottoscrizione della cartolina di ricevimento in quanto inviata in luogo diverso dalla residenza, situazione che non consente di ritenere che la firma apposta in calce alla cartolina di ritorno sia stata apposta dal ricorrente in assenza di indicazione del destinatario.
L’art. 169 c.p.p., comma 1, stabilisce che “se risulta dagli atti notizia precisa del luogo di residenza o di dimora all’estero della persona nei cui confronti si deve procedere, il giudice o il pubblico ministero le invia raccomandata con avviso di ricevimento, contenente l’indicazione dell’autorità che procede, il titolo del reato e la data e il luogo in cui è stato commesso, nonché l’invito a dichiarare o eleggere domicilio nel territorio dello Stato. Se nel termine di trenta giorni dalla ricezione della raccomandata non viene effettuata la dichiarazione o l’elezione di domicilio ovvero se la stessa è insufficiente o risulta inidonea, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore”.
La norma si riferisce soltanto alla prima notifica da inviare all’indagato (o imputato), cioè quella avente ad oggetto il primo atto di cui questi debba esser posto a conoscenza, non anche i successivi; come si ricava, all’evidenza, dal contenuto della comunicazione stessa, come sopra ricordato, concernente gli elementi essenziali della contestazione (autorità procedente, titolo del reato, data e luogo del fatto), ovvero quel minimum di informazioni che consente all’interessato di sapere dell’esistenza di un procedimento a suo carico, e di conoscerne – ancorché con tratti sommari, ma al momento sufficienti – l’oggetto. In tale contesto, poi, lo stesso viene invitato a dichiarare od eleggere domicilio nel territorio dello Stato, entro 30 giorni; questa disposizione si giustifica con la necessità che le notifiche successive vengano comunque effettuate in Italia, all’evidente fine di renderle più celeri ed agevoli, così garantendo in primis all’interessato la pronta e sicura conoscenza dell’atto a lui inviato. Nel caso in cui l’indagato non elegga domicilio nei termini indicati, l’autorità giudiziaria è legittimata ad effettuare le altre notificazioni al difensore, ex art. 161 c.p.p., comma 4, stante l’inidoneità del domicilio all’estero (Sez. 3, n. 45278 del 29/09/2015, Rv. 265197 – 01).
6. Quanto al caso in esame, dagli atti processuali a cui questa Corte ha accesso trattandosi di censura processuale, risulta che la raccomandata, ex art. 169 c.p.p., inviata a R.F. in data 13/06/2012, era stata recapitata il 23/06/2012, all’indirizzo di residenza in (OMISSIS).
In data 14/09/2012 era stata avanzata, dal Pubblico Ministero, richiesta di incidente probatorio, accolta con ordinanza di ammissione all’incidente probatorio del 5/11/2012, con notifica, di entrambi gli atti, presso il difensore d’ufficio nominato, in assenza di elezione di domicilio da parte del R. entro i termini (l’elezione di domicilio è avvenuta il 18/12/2012).
Ora il ricorrente, nel riproporre la questione della nullità, non si confronta compiutamente con le ragioni della decisione e, in particolare, con la circostanza, risultante dal provvedimento impugnato, che la Corte d’appello ha rilevato la sottoscrizione della cartolina di ricevimento da parte dell’imputato, che, ora, il ricorrente contesta con generica allegazione (sarebbe stato sufficiente allegare un documento di identità per la comparazione).
Va, poi, rammentato che la spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento all’imputato all’estero, in vista delle notificazioni da compiersi, non richiede tra gli adempimenti di rito quello, tipico delle notificazioni a mezzo posta, della specificazione, quando la raccomandata sia consegnata a persona diversa dal destinatario, della qualità da essa rivestita (Sez. 4, n. 15002 del 01/03/2011, Reif e altri, Rv. 250267 – 01), presumendosi, in assenza di contraria allegazione, la ricezione da parte del destinatario quando è recapitata al suo indirizzo di residenza.
Ma in ogni caso, la questione di nullità proposta per la prima volta nell’atto di appello è tardiva.
Le nullità di ordine generale a regime intermedio, qual è quella in esame, sono sottoposte al regime di deducibilità e di sanatoria di cui all’art. 182 c.p.p. e devono essere eccepite prima del compimento dell’atto, se ciò non è possibile, immediatamente dopo e in ogni caso, secondo la disposizione di cui all’art. 180 c.p.p., non possono essere rilevate nè dedotte dopo la deliberazione della sentenza di primo grado e, se verificate nel giudizio, dopo la deliberazione della sentenza nella fase successiva. La deduzione per la prima volta nel giudizio di appello della – presunta – nullità dell’incidente probatorio, è stata tardivamente proposta nei motivi di appello.
7. Quanto alla censura sul mancato espletamento della perizia sulla capacità a testimoniale, veicolata attraverso la censura di mancato rispetto delle disposizioni della Carta di Noto, non è, parimenti, fondata.
È principio consolidato di questa Corte di legittimità, quello secondo il quale la perizia non costituisce presupposto indispensabile per la valutazione di attendibilità delle dichiarazioni di minori vittime di reati sessuali, ove non emergano elementi patologici che possano far dubitare della predetta capacità (Sez. 3, n. 25800 del 01/07/2015, C., Rv. 267323; Sez. 3, n. 38211 del 07/07/2011, C., Rv. 251381) ovvero non si tratti di minori in tenera età che presentano modalità relazionali orientate in senso imitativo ed adesivo e siano influenzabili da stimoli esterni potenzialmente suggestivi, con possibilità di non essere in grado di differenziare le proprie opinioni da quelle dell’interlocutore (Sez. 3, n. 24248 del 13/05/2010, O.J., Rv. 247285).
Ed invero, nella valutazione dell’attendibilità del minore occorre distinguere il profilo della capacità a testimoniare, come attitudine del minore a percepire i fatti e a raccontarli in modo immune da condizionamenti perturbatori e/o patologie che possano inficiare sulla capacità di percezione della realtà e di quella mnestica, da quello dell’attendibilità in relazione al contenuto, valutazione quest’ultima di esclusiva competenza del giudice che deve procedere direttamente all’analisi della condotta del dichiarante, della linearità del suo racconto e dell’esistenza di riscontri esterni allo stesso.
In tale ambito, le due verifiche, quella dell’accertamento tecnico dell’idoneità mentale del testimone, di competenza del consulente tecnico e quello della valutazione del contenuto delle dichiarazioni non sono sovrapponibili e la seconda non può limitarsi a richiamare il giudizio al riguardo espresso da periti e consulenti tecnici, cui non è delegabile tale verifica, ma solo l’accertamento dell’idoneità mentale del teste, diretta ad appurare se questi sia stato capace di rendersi conto dei comportamenti subiti, e se sia attualmente in grado di riferirne senza influenze dovute ad alterazioni psichiche.
Ne consegue che il mancato espletamento della perizia in ordine alla capacità a testimoniare non rende per ciò stesso inattendibile la testimonianza della persona offesa, appartenendo le due verifiche ad ambiti valutativi diversi e con diversi presupposti (Sez. 3, n. 25800 del 01/07/2015, A., Rv. 267323; Sez. 3, n. 38211 del 07/07/2011, C., Rv. 251381; Sez. 3, n. 24264 del 27/05/2010, F., Rv. 247703).
A tali principi si è attenuta la corte territoriale che, con motivazione immune di censure, ha respinto la censura difensiva sul rilievo che non vi erano dubbi sulla capacità a testimoniare della minore, che al momento dell’espletamento dell’incidente probatorio aveva dieci anni e si era dimostrata assolutamente in grado di comprendere le domande e rispondere (cfr. pag. 5), motivazione a fronte della quale il ricorrente introduce una generica allegazione secondo cui le dichiarazioni della minore sarebbero state suggerite dalla madre e dalla psicologa. Anche questo profilo, genericamente dedotto, è privo di pregio sol che si consideri che la minore aveva disvelato il fatto alla madre e al padre nello stesso torno di tempo, dopo che la prima aveva notato cambiamento dell’umore di ritorno dal giro in barca in compagnia, tra gli altri, dell’imputato.
L’accertamento della responsabilità penale del ricorrente per il reato di violenza sessuale ai danni della minore, oggetto di doppio accertamento conforme, poggia su un solido apparato argomentativo nel quale i giudici del merito si sono attenuti scrupolosamente all’indirizzo ermeneutico di questa Corte ed hanno motivato l’attendibilità soggettiva della minore e intrinseca del suo racconto, attraverso una valutazione onnicomprensiva, valutazione neppure contestata dalla difesa, nella quale hanno esaminato la posizione psicologica del dichiarante rispetto al contesto di tutte le situazioni interne ed esterne; la sua attitudine, in termini intellettivi ed affettivi, a testimoniare, tenuto conto della capacità del minore di recepire le informazioni, di ricordarle e raccordarle; nonché, sul piano esterno, le condizioni emozionali che modulano i suoi rapporti con il mondo esterno (Sez. 3, n. 39405 del 23/05/2013, B., Rv. 257094; Sez. 3, n. 8057 del 06/12/2012, Rv. 254741), motivazione a fronte della quale il ricorrente oppone una generica censura correlata alla supposta violazione della Carta di Noto che, come è noto, non può, anche nell’ipotesi qui indimostrata di violazione delle regole ivi indicate in relazione al profilo del mancato espletamento di perizia sulla capacità di testimoniare, condure all’inutilizzabilità della prova (Sez. 3, n. 648 del 11/10/2016, L., Rv 268738; Sez. 3, n. 45607 del 01571172013, A., Rv. 258315, secondo cui in tema di testimonianza del minore vittima di violenza sessuale, i protocolli prescritti dalla cosiddetta Carta di Noto, lungi dall’avere valore normativo, si risolvono in meri suggerimenti diretti a garantire l’attendibilità delle dichiarazioni e la protezione psicologica del minore, come illustrato nelle premesse della Carta medesima; sicché la loro inosservanza non determina nè nullità nè inutilizzabilità della prova).
8. Il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52 in quanto imposto dalla legge.

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