Nei casi di alienazione parentale, il rapporto tra figlio e genitore dominante è di tipo simbiotico, fusionale in cui il pensiero dell’uno si confonde con quello dell’altro.
Una coalizione che condiziona anche l’altro genitore tanto da non riuscire ad avvicinarsi. Egli è considerato e si sente come un nemico: o con noi o contro di noi. Non ci sono vie di mezzo, compromessi, alternative. Figlio e genitore dominante rappresentano una cosa sola.
In realtà, il genitore dominante tiene stretto a sé il figlio per paura di perderlo.
Dietro quel legame apparentemente solido e forte, si nasconde l’angoscia abbandonica del genitore dominante il quale teme (è terrorizzato) di essere abbandonato dal figlio. In altre parole, ha paura che il figlio possa scegliere l’altro genitore.
Anche il bambino ha paura di rimanere solo. Da una parte si percepisce abbandonato dal genitore rifiutato, dall’altra teme di perdere il genitore “che è rimasto a fianco a lui”.
E’ questa la chiave di lettura del rapporto figlio-genitore dominante nelle complesse dinamiche di alienazione parentale.
Il genitore dominante tiene legato il figlio per paura di perderlo e quest’ultimo per paura di essere abbandonato si lega a lui:
– cosa potrebbe accadere se il figlio frequentasse l’altro genitore?
– cosa potrebbe accadere se il figlio frequentasse i familiari del genitore rifiutato?
– cosa potrebbe accadere se il figlio sciogliesse il nodo che lo lega al genitore dominante?
Le risposte sarebbero, quasi sempre, connotate da sentimenti di paura, angoscia, timore, sfiducia verso l’altro genitore.
In realtà, questi sentimenti appartengono proprio al genitore dominante che le riversa sull’ex partner per mezzo del figlio.
Il figlio, per il genitore dominante, non è altro che un oggetto che colma (apparentemente) le proprie debolezze e fragilità: attraverso mio figlio, io sono. Potrei scoprire di non essere nessuno, senza di lui.
Per cui, il rapporto figlio-genitore dominante basato sulla paura non è autentico e genuino. Non può esserlo.
Se fossero disponibili e motivati, si potrebbe lavorare psicologicamente con i genitori dominanti sulla loro bassa autostima, sull’assenza di fiducia in se stessi e, di conseguenza, nei confronti degli altri, sulla loro dipendenza affettiva.
Se fossero disponibili e motivati, ma non lo sono, non possono permetterselo. Significherebbe mettersi a nudo, in discussione e correre il rischio che il figlio possa rendersi conto della loro enorme fragilità e debolezza con la conseguente scelta dell’altro genitore.

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