A cura di Marco Pingitore – Psicologo-Psicoterapeuta, Criminologo.
Una recente sentenza della Corte Suprema della Cassazione chiarisce alcuni concetti sull’Alienazione Parentale finora oggetto di accesi dibattiti tra chi sostiene che la “PAS non esiste” e chi, invece, al di là delle definizioni, ritiene che il comportamento ostativo da parte di un genitore nel negare l’accesso all’altro del figlio pregiudicherebbe il diritto di quest’ultimo alla bigenitorialità.
La sentenza n. 6919 depositata il giorno 8 aprile 2016 (Pres. Di Palma, Rel. Lamorgese) scioglie almeno due nodi sul tema: il concetto di Alienazione Parentale e quello del significato di idoneità genitoriale.
La vicenda ha come protagonista un padre che viene rifiutato dalla figlia senza un valido motivo. Egli chiede invano al Tribunale di indagare le reali cause di tale rifiuto, il quale si limita a far intraprendere un intervento terapeutico alla minore rivelatosi poi inadeguato e dannoso per lo stato psicofisico della stessa.
Il padre si vede costretto, quindi, a ricorrere in Cassazione lamentando la violazione del diritto alla bigenitorialità (il diritto alla vita familiare ex art. 8 Cedu) e che le corti avevano assunto una “ingiustificata posizione ideologica e negazionista” di chiusura con “l’effetto di precludere la tutela dei suoi diritti di padre e dei diritti della figlia”.
La Cassazione statuisce in modo chiaro e inequivocabile che “non compete a questa Corte dare giudizi sulla validità o invalidità delle teorie scientifiche e, nella specie, della controversa PAS, ma è certo che i giudici di merito non hanno motivato sulle ragioni del rifiuto del padre da parte della figlia e sono venuti meno all’obbligo di verificare, in concreto, l’esistenza dei denunciati comportamenti volti all’allontanamento fisico e morale del figlio minore dall’altro genitore”.
Gli Ermellini bacchettano i giudici di merito per non aver indagato sulle cause del rifiuto manifestato dalla figlia del ricorrente, né attuato misure specifiche e dirette a ristabilire i contatti con il padre.
La Corte chiarisce ancora che “in tema di affidamento di figli minori, qualora un genitore denunci comportamenti dell’altro genitore affidatario o collocatario, di allontanamento morale e materiale del figlio da sé, indicati come significativi di una PAS (sindrome di alienazione parentale), ai fini della modifica delle modalità di affidamento, il giudice di merito è tenuto ad accertare la veridicità in fatto dei suddetti comportamenti, utilizzando i comuni mezzi di prova, tipici e specifici della materia, incluse le presunzioni, ed a motivare adeguatamente, a prescindere dal giudizio astratto sulla validità o invalidità scientifica della suddetta patologia, tenuto conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale rileva anche la capacità di preservare la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore, a tutela del diritto del figlio alla bigenitorialità e alla crescita equilibrata e serena”.
Questa sentenza è in linea con il decreto della Corte d’Appello di Catanzaro (n. 3405/15) che conferma quello del Tribunale di Cosenza (n. 778/15) in merito ad un caso grave di Alienazione Parentale. Cita, infatti, la Corte catanzarese che “non è tanto il riconoscimento o meno della PAS sotto il profilo medico-scientifico, ma piuttosto il concreto atteggiarsi dei rapporti genitori-figli”.

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