Nei casi di Alienazione Parentale un’importante criticità è caratterizzata dalla difficoltà comunicativa del genitore alienato con il proprio figlio che, invece di concentrarsi sul rapporto con quest’ultimo, si fa distrarre dalle condotte denigratorie dell’altro genitore.
Nelle CTU o nelle fasi iniziali dell’AP in cui i contatti con il figlio non sono ancora interrotti, capita di trovare situazioni in cui il genitore alienato accusa il figlio di dire bugie, di essere condizionato, manipolato, influenzato dall’altro genitore.
Tattica questa a dir poco fallimentare dal punto di vista relazionale, attraverso cui il genitore alienato, accusando il proprio figlio, non fa altro che allontanarlo da sé e rinforzare la percezione di un’immagine debole che ha di lui.
Terreno fertile per il genitore dominante che, a questo punto, soddisfatto del comportamento dell’ex partner, ridefinisce il significato di quelle accuse a proprio vantaggio “lo vedi tuo padre/tua madre come ti sgrida? lo capisci che non ti vuole bene? dice che vuole vederti e poi ti accusa?“.
Il genitore alienato, perciò, dovrebbe evitare di criticare il figlio perché “manipolato”.
Nelle CTU, negli incontri protetti e, in generale, nei momenti in cui vi è la possibilità di stabilire un contatto con il figlio, il genitore rifiutato dovrebbe concentrarsi solo ed esclusivamente su di lui, senza accusarlo e senza farlo sentire responsabile, insieme all’altro genitore, della situazione posta in essere.
E, invece, molti genitori rifiutati credono, erroneamente, che, redarguendo il figlio, riescano in qualche modo a rinsavirlo, a fargli capire che è influenzato dall’altro genitore. Niente di più fuorviante.
E’ un costrutto mentale che si ritorcerà contro.
E’ necessario uscire dalla posizione “down” attraverso soluzioni strategiche alternative in grado di riconquistare la fiducia del figlio.
Un sostegno alla genitorialità, anche parallelo alla CTU, sarebbe fondamentale per il genitore alienato, così come ricevere un supporto adeguato dal Consulente Tecnico di Parte (nei casi di CTU) il cui ruolo non può e non deve essere relegato a mere osservazioni e critiche all’operato del Consulente del Giudice.
Il ruolo del CTP, nei casi di Alienazione Parentale, dovrebbe prevedere anche un supporto psicoforense durante l’intero iter consulenziale, evidenziando i limiti del Cliente e potenziando le sue risorse attraverso un costante stimolo al cambiamento anche in termini di accettazione di una richiesta di supporto psicologico.
Il genitore alienato è solo e va aiutato.
In un incontro peritale, il genitore rifiutato anziché chiedere al bambino “te la ricordi la favola di Pinocchio?“, alludendo implicitamente alle sue precedenti “bugie”, potrebbe relazionarsi a lui tramite domande alternative ed efficaci come “sai come mai sono qui?“, aprendo ai sentimenti e alla motivazione che spinge il genitore rifiutato a lottare per ri-stabilire un rapporto affettivo con il figlio.
 

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