Lo psichiatra statunitense, Dr. William Bernet, ha realizzato un modello a 5 fattori per la diagnosi di Alienazione Parentale.
In inglese: the Five-Factor Model for the diagnosis of Parental Alienation
Il modello a 5 fattori consiste in:
Factor One: the child manifests contact resistance or refusal, i.e., avoids a relationship with one of the parents.
Factor Two: the presence of a prior positive relationship between the child and the now rejected parent.
Factor Three: the absence of abuse, neglect, or seriously deficient parenting on the part of the now rejected parent.
Factor Four: the use of multiple alienating behaviors on the part of the favored parent.
Factor Five: the child exhibits many of the eight behavioral manifestations of alienation.
Traduzione in italiano:
Fattore 1: il bambino manifesta resistenza al contatto o rifiuto, cioè evita una relazione con uno dei genitori.
Fattore due: la presenza di una precedente relazione positiva tra il bambino e il genitore ora respinto.
Fattore tre: l’assenza di abusi, abbandono o genitorialità gravemente carente da parte del genitore ora respinto.
Fattore quattro: l’uso di molteplici comportamenti alienanti da parte del genitore favorito.
Fattore cinque: il bambino mostra molte delle otto manifestazioni comportamentali di alienazione.
I fattori 1, 3 e 4 ritengo siano largamente condivisibili.
La criticità riguarda i fattori n. 2 e 5.
Cosa si intende per “precedente relazione positiva”? In realtà, valutando i casi di alienazione parentale il rapporto precedente tra figlio e genitore rifiutato non può essere valutato come “positivo”. E’ vero che il genitore rifiutato tende a percepire il rapporto con il figlio come positivo, amorevole, bello, senza alcun problema, tuttavia non è proprio così. Il processo di AP non interviene nei rapporti “positivi” tra figlio e genitore rifiutato, ma si sviluppa proprio all’interno di dinamiche disfunzionali già presenti prima dell’inizio dell’AP.
Riguardo al fattore n. 5 e alle “molte delle otto manifestazioni” (cfr. criteri di Gardner) appare metodologicamente scorretto ritenere che la presenza di “molte delle 8 manifestazioni” possa soddisfare un criterio/fattore. Cosa si intende per “molte” e, al contrario, cosa si intende per “poche”?
Infine, non sono d’accordo quando si fa riferimento alla “diagnosi” di Alienazione Parentale. Diagnosi è un termine fuorviante che giustamente presta il fianco a critiche.
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Manca una descrizione puntuale dei tipici “comportamenti alienanti da parte del genitore favorito”:
1) Il genitore alienante deve mostrarsi agitato, arrabbiato o contrariato quando vede o sente l’alienato, soprattutto di fronte al figlio, in modo che il figlio capisca che l’alienato è un problema. Meglio ancora, l’alienante deve cercare di litigare, sperando che l’alienato risponda al litigio in modo da creare un ulteriore conferma sul bambino che il genitore alienato crea problemi.
2) Quando rimane solo l’alienante deve analizzare insieme al figlio come è andato l’incontro tra il bambino e l’altro genitore. Tutte le analisi dovranno convergere verso i seguenti punti: il genitore alienante è un incapace e una nullità, è cattivo, l’ha fatto per perfidia, l’ha fatto con un secondo fine che si rivelerà negativo, ti odia, non si prende cura di te.
3) L’alienato non dove sapere che l’alienante mantiene anche lui il figlio o come minimo bisogna dire che dà troppo poco ed è tutto merito dell’alienante se il bambino ha da sopravvivere. I regali non vanno fatti arrivare; se arrivano vanno poi fatti sparire prima possibile, così il bambino se ne dimenticherà presto e gli sembrerà di non avere mai avuto niente dall’altro genitore.
4) Ogni attività del figlio va il più possibile nascosta, in modo che il genitore alienante non possa condividere nessun momento bello e interesse, fino a perdere la percezione delle caratteristiche del figlio. Una volta che il figlio non lo si conosce, è più facile sbagliare ad interagire.
5) Tutti i comportamenti precedenti devono essere applicati anche a tutta la famiglia dell’alienato, sia perché i famigliari potrebbero far conoscere al bambino un punto di vista diverso, sia perché la vera molla dell’alienazione genitoriale è il possesso: il bambino è dell’alienante e non va diviso con nessuno, nemmeno dei famigliari che potrebbero farsi vivi 4 volte all’anno.
Le precedente conoscenze derivate da esperienze dirette e da racconti di persone simili, spero pertanto che le valutate, discutete e magari integrate o correggete.
Per le manifestazioni di alienazione del minore, la più evidente è spesso il rifiuto di tutto un ramo parentale, a causa del comportamento 5 descritto sopra, cosa di cui la giurispudenza rifiuta di occuparsi (ma è sempre presente) perché l’oggetto del dibattito è solo la relazione figlio alienato-genitore non collocatario alienato.
Il comportamento 5 è anche il più difficilmente spiegabile, com’è possibile che tutto un ramo parentale, costituito da diverse persone differenti tra loro, sia negativo?
Questo modello non l’ho sviluppato io, ma il Prof. William Bernet.
Cordiali saluti.
Marco Pingitore