E’ una delle domande più frequenti tra gli addetti ai lavori: rilevata l’alienazione parentale, quindi un condizionamento psicologico, è giusto allontanare il figlio dal genitore dominante?

Perché il rapporto figlio-genitore dominante, nonostante il condizionamento psicologico, è ritenuto buono: il figlio frequenta scuola con ottimi voti, frequenta danza, calcio, ha tanti amici, è felice e spensierato. Non sta bene solo quando “deve” relazionarsi con il genitore rifiutato. Potremmo definirla “una felicità situazionale”. 

Quindi non sarebbe meglio lasciarlo presso il genitore dominante? In fondo, il figlio si sente protetto dal genitore collocatario e allontanarlo da lui per ricostruire, contro la sua volontà, il rapporto con l’altro genitore appare un’estrema forzatura.

Analizziamo nel dettaglio queste legittime, ma non condivisibili osservazioni.

  1. l’Alienazione Parentale è una forma di abuso psicologico. E’ una vera e propria violenza psicologica: da qui bisogna partire per comprendere a pieno il fenomeno e per decidere quali provvedimenti giudiziali adottare.
  2. l’Alienazione Parentale non è un conflitto: nel conflitto si hanno pari opportunità, nell’AP, invece, no. Il genitore dominante “vince” sempre, mentre il genitore rifiutato è sempre in difficoltà. Servirebbe un intervento giudiziario efficace e determinato, altrimenti la situazione non si sblocca.
  3. innanzi al solo sospetto di violenza fisica o abuso sessuale, vengono immediatamente disposti gli ordini di protezione: il figlio viene allontanato giustamente dal genitore violento/abusante. Nessuno oserebbe domandarsi “ma è giusto allontanarlo?”.
  4. è vero che il bambino percepisce il rapporto con il genitore dominante come protettivo, ma è solo una sua percezione. Questo rapporto, infatti, non è genuino. Il figlio tende a stringere un forte legame (fusionale) con il genitore dominante perché lo percepisce come più forte e determinato nella fase di separazione e post separazione, ma, in realtà, il rapporto è connotato da minacce sottese, angosce abbandoniche, dipendenza affettiva, mistificazione della realtà. Insomma, non si può certo ritenere quello tra il figlio e il genitore dominante un rapporto sano, ma dannoso per la salute del figlio.
  5. se il genitore dominante appare molto funzionale nel rispettare il diritto all’istruzione del figlio, è gravemente inadempiente nel rispettare il diritto alla bigenitorialità e alla cura (salute) del figlio. Diritti sanciti dall’art. 337-ter co. 1 c.c.
  6. in sintesi, alla domanda “nei casi di alienazione parentale, l’affidamento del figlio al genitore dominante tutela il suo interesse?”, rispondo senza dubbio “no, il figlio deve essere allontanato dal genitore dominante al più presto, ad esclusione dei casi in cui il figlio abbia raggiunto l’età di circa 12 anni: da questa età, infatti, appare difficile qualsiasi intervento coatto”.

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4 Comments

  1. Rodolfo Dessi 1 Novembre 2018 at 14:18

    Chiarissimo come sempre dott. Pingitore. Chiedo: e quando il figlio ha più di 12 anni?

    • Marco Pingitore 1 Novembre 2018 at 15:37

      Qualsiasi provvedimento risulta difficile:
      1. nel caso di trasferimento a casa del genitore rifiutato: si va a prenderlo con i Carabinieri in casa o all’uscita di scuola?
      2. nel caso di trasferimento in struttura protetta: risulta difficile qualsiasi intervento psicologico poiché non è pensabile che, ad esempio, a 14 anni al figlio venga imposto di relazionarsi con il genitore rifiutato. Bisognerebbe intervenire con le minacce come sostengono alcuni esperti americani, ma io sono contrario.
      3. in ogni caso, il figlio percepirebbe il provvedimento di allontanamento dal genitore dominante (preferito) come una punizione con evidenti ripercussioni negative sul rapporto con il genitore rifiutato.
      Cordiali saluti.
      Marco Pingitore

  2. Me 4 Novembre 2018 at 10:21

    Domanda: come si stabilisce se un bambino soffre di alienazione parentale? Quali sono i test, quale il riferimento DSM o ICD, i comunque quale studio scientifico di riferimento?

    • Marco Pingitore 4 Novembre 2018 at 10:34

      Salve,
      l’AP non rappresenta la “sofferenza” di un bambino. L’AP non è una diagnosi o una sindrome, per cui non si rileva con i test. Rappresenta, prima di tutto, un concetto giuridico ed è possibile rilevarla solo all’interno di un contesto giudiziario, in particolar modo la CTU, in cui attraverso i colloqui psicoforensi è possibile rilevare il condizionamento psicologico del figlio, così come i comportamenti del genitore dominante e di quello rifiutato che contribuiscono allo sviluppo del processo psicologico di AP.
      Perché dovrebbe essere inserita nel DSM o nell’ICD? Non bisogna diagnosticarla, non è una condizione clinica.
      In ogni caso studi scientifici di riferimento sono numerosi:
      https://www.alienazioneparentale.it/bibliografia/
      Cordiali saluti.
      Marco Pingitore

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