1. Una recente sentenza della Cassazione sostiene sostanzialmente che un minore di 15 anni ha il diritto a scegliere autonomamente i tempi di riavvicinamento con il padre. E’ d’accordo?
Certamente. Non possono quindi essere imposti ad un ultraquattordicenne i tempi di frequentazione dell’uno o dell’altro genitore. Il limite è quello però che separa i diritti dai doveri. Il codice civile, al di là del quarto comandamento, stabilisce che il figlio minore deve “rispettare” i genitori. A meno che, ovviamente, un genitore si sia reso responsabile di comportamenti gravemente maltrattanti o trascuranti tali da costituire un “pregiudizio” per il figlio. Al di fuori di questi casi il rifiuto da parte del figlio di vedere ed incontrare un genitore può integrare la violazione di un dovere.
2. Alcuni Tribunali, anche in presenza di una forma grave di alienazione parentale, scelgono di lasciare il minore con il genitore alienante. Qual è la motivazione alla base di tale decisione?
Se un figlio rifiuta un genitore sulla base di comportamenti da parte dell’altro rivolti ad ostacolare il loro rapporto ci sono abbondanti motivi e ragioni per intervenire; gli studi e le ricerche hanno dimostrato i danni che il figlio può subire a distanza di tempo a seguito del “parental loss” che ne consegue. Il problema risiede negli interventi che è opportuno mettere in atto. L’allontanamento forzato dal genitore alienante attraverso interventi coercitivi esercitati direttamente sul figlio può essere attuato solo in casi particolari, ovvero quando siano dimostrabili psicopatologie rilevanti o comunque comportamenti che costituiscono un pericolo per l’equilibrio del figlio. Nelle altre situazioni sarebbe preferibile adottare provvedimenti coercitivi indiretti, ovvero a carico del genitore che ostacola le visite. Provvedimenti di “tutela inibitoria”, penali civili e/o amministrativi, che se applicati tempestivamente possono avere un potere di dissuasione. La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo ha più volte invitato il nostro Paese a munirsi di un “arsenale di buone pratiche” per garantire il soddisfacimento dei diritti relazionali dei soggetti coinvolti in queste vicende.
3. Qual è la soglia di età oltre la quale l’interesse del minore coincide con la volontà, anche condizionata, del minore a non voler frequentare uno dei due genitori?
A 12 anni il minore può esercitare il proprio diritto di essere ascoltato e di esprimere la propria opinione ma, attenzione, tale diritto non può essere scambiato con la facoltà di autodeterminazione. Essa si lega dalla cosiddetta “capacità di discernimento” la quale potrebbe essere condizionata dalle pressioni psicologiche dell’uno o dell’altro genitore e non risultare quindi genuina. L’autodeterminazione nello spazio delle relazioni familiari deve essere riconosciuta e rispettata dopo i 14 anni, parallelamente alla capacità di intendere e di volere. Ricordo che la legge fissa a 15 anni l’età minima per lavorare; e’ chiaro che oltre questa soglia di età un figlio non può più essere considerato un “incapace” oggetto di tutela ne’ può essere costretto ad una frequentazione forzata. Se ad esempio un adolescente sceglie di cambiare la residenza principale non si può certamente chiamare la forza pubblica per impedirglielo o sanzionare il genitore da lui prescelto.

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