La strage di Latina consumata di ieri scoperchia due verità.
La prima
Probabilmente si sono sottovalutate le richieste di aiuto esplicite/implicite della moglie del Carabiniere. Non voglio e non posso entrare nel merito perché non conosco i dettagli, ma è pacifico ritenere che “qualcosa non è andato” come avrebbe dovuto.
La seconda, quella di cui nessuno parla
Le Forze di Polizia probabilmente dimostrano significative difficoltà nella gestione dello stress lavoro correlato. In generale, i dipendenti appartenenti alle Forze di Polizia che soffrono di disagi psicologici possono richiedere assistenza specialistica che potrebbe però risultare un intervento inefficace e insufficiente.
Nello specifico, un appartenente alle Forze dell’Ordine che sta vivendo un periodo di disagio psicologico, magari per via della separazione coniugale o per un lutto, per ricevere assistenza deve fare domanda formale. Qui possono iniziare i problemi oppure i timori legati alla richiesta di aiuto.
Il supporto psicologico/psichiatrico viene erogato all’interno dell’Ente pubblico con personale dipendente. Ad esempio, un poliziotto che chiede supporto psicologico verrà preso in carico da uno Psicologo sempre appartenente alla Polizia di Stato. In pratica, uno poliziotto psicologo che avrà il dovere di segnalare i casi più critici.
Mettiamoci ora nei panni dell’assistito: potrà mai sentirsi veramente libero di chiedere assistenza o di lavorare sul suo disagio se chi lo assiste svolge anche una funzione giudicante?
E’ questa la problematica più rilevante. Nei casi di quadri psicologici preoccupanti, il poliziotto psicologo sarà obbligato a redigere una relazione e a suggerire provvedimenti, come ad esempio la sospensione dal servizio.
Come è possibile sentirsi liberi di chiedere aiuto con queste premesse? La conseguenza può portare alla negazione di ogni stato di disagio, anche tra colleghi. Infatti, anche il confidarsi con un collega potrebbe comportare alcuni rischi: chi riceve la confidenza potrebbe effettuare una segnalazione per tutelare lui, se stesso e tutti gli altri. In alternativa, pur di non “tradire” il collega, seppur instabile, si potrebbe optare per il silenzio.
Nella salute psicologica gli appartenenti alle Forze dell’Ordine sono soli. Imparano sin da subito che se chiedono aiuto, vengono isolati, probabilmente sospesi dal servizio e marchiati a vita: quello è il pazzo.
Nelle Forze dell’Ordine è difficile esplicitare un disagio psicologico.
L’alternativa è chiedere supporto specialistico all’esterno, presso un privato, ma spesso la spesa è insostenibile.
Ho fatto e faccio formazione a Guardia di Finanza e Polizia. Una volta uno di loro mi disse:
“Dottore, appena arruolati ci hanno detto: ricordatevi che potete stare male solo dal collo in giù“.
Sarebbe arrivato il momento di iniziare ad affrontare questa criticità.
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La strage di Latina consumata di ieri scoperchia due verità.
La prima
Probabilmente si sono sottovalutate le richieste di aiuto esplicite/implicite della moglie del Carabiniere. Non voglio e non posso entrare nel merito perché non conosco i dettagli, ma è pacifico ritenere che “qualcosa non è andato” come avrebbe dovuto.
La seconda, quella di cui nessuno parla
Le Forze di Polizia probabilmente dimostrano significative difficoltà nella gestione dello stress lavoro correlato. In generale, i dipendenti appartenenti alle Forze di Polizia che soffrono di disagi psicologici possono richiedere assistenza specialistica che potrebbe però risultare un intervento inefficace e insufficiente.
Nello specifico, un appartenente alle Forze dell’Ordine che sta vivendo un periodo di disagio psicologico, magari per via della separazione coniugale o per un lutto, per ricevere assistenza deve fare domanda formale. Qui possono iniziare i problemi oppure i timori legati alla richiesta di aiuto.
Il supporto psicologico/psichiatrico viene erogato all’interno dell’Ente pubblico con personale dipendente. Ad esempio, un poliziotto che chiede supporto psicologico verrà preso in carico da uno Psicologo sempre appartenente alla Polizia di Stato. In pratica, uno poliziotto psicologo che avrà il dovere di segnalare i casi più critici.
Mettiamoci ora nei panni dell’assistito: potrà mai sentirsi veramente libero di chiedere assistenza o di lavorare sul suo disagio se chi lo assiste svolge anche una funzione giudicante?
E’ questa la problematica più rilevante. Nei casi di quadri psicologici preoccupanti, il poliziotto psicologo sarà obbligato a redigere una relazione e a suggerire provvedimenti, come ad esempio la sospensione dal servizio.
Come è possibile sentirsi liberi di chiedere aiuto con queste premesse? La conseguenza può portare alla negazione di ogni stato di disagio, anche tra colleghi. Infatti, anche il confidarsi con un collega potrebbe comportare alcuni rischi: chi riceve la confidenza potrebbe effettuare una segnalazione per tutelare lui, se stesso e tutti gli altri. In alternativa, pur di non “tradire” il collega, seppur instabile, si potrebbe optare per il silenzio.
Nella salute psicologica gli appartenenti alle Forze dell’Ordine sono soli. Imparano sin da subito che se chiedono aiuto, vengono isolati, probabilmente sospesi dal servizio e marchiati a vita: quello è il pazzo.
Nelle Forze dell’Ordine è difficile esplicitare un disagio psicologico.
L’alternativa è chiedere supporto specialistico all’esterno, presso un privato, ma spesso la spesa è insostenibile.
Ho fatto e faccio formazione a Guardia di Finanza e Polizia. Una volta uno di loro mi disse:
“Dottore, appena arruolati ci hanno detto: ricordatevi che potete stare male solo dal collo in giù“.
Sarebbe arrivato il momento di iniziare ad affrontare questa criticità.
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