A cura dell’Avv. Margherita Corriere, Presidente AMI Sez. distr. CZ
Nel caso in esame il Tribunale in una causa di divorzio si era trovato a dover decidere sull’affidamento di un minore che , a causa dell’alta conflittualità genitoriale e del rapporto simbiotico che si era innescato con la madre, rifiutava la figura paterna , mostrando condotte ad alto rischio patologico.
In particolare durante l’iter della causa si erano riscontrati criticità e condizioni di rischio evolutivo per il minore a causa di “ una incapacità della mamma a proteggere il figlio dai conflitti della coppia genitoriale con una conseguente inadeguatezza a mettere confini chiari tra lei ed il minore”, che , suo malgrado era rimasto completamente invischiato nella vicenda riguardante la litigiosità giudiziaria dei propri genitori e costretto a dover scegliere di stare dalla parte materna a causa Di un forte conflitto di lealtà.
In particolare la madre denigrava pesantemente il padre davanti al figlio, manipolandolo verso atteggiamenti negativi e dequalificanti riguardo la figura genitoriale paterna , negando l’accesso all’altro genitore. Gravissima pertanto la situazione del minore esposto a traumi gravissimi e con tendenze suicidarie.
Dopo l’espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio il Tribunale disponeva l’affidamento del minore ai servizi sociali territorialmente competenti , il collocamento del minore presso la casa materna, il diritto ad incontrare e vedere il padre un pomeriggio a settimana , con possibilità di ampliamento sulla base della volontà espressa dal minore alla presenza di un educatore domiciliare ; il Tribunale, altresì, ordinava ai genitori di evitare atteggiamenti aggressivi e violenti e di mantenere un atteggiamento rispettoso nei confronti dell’altro genitore davanti al minore e affidava al servizio sociale di predisporre un servizio di assistenza educativa domiciliare con cadenza settimanale presso l’abitazione di entrambi i genitori onde monitorare la condotta tenuta dai genitori davanti al minore, segnalando eventuali criticità e redigendo relazione. Inoltre il Tribunale disponeva la presa in carico dal punto di vista psicoterapeutico del minore da pare dell’azienda sanitaria competente e invitava i genitori ad un percorso di supporto alla genitorialità.
Il Servizio Sociale segnalava che il figlio frequentava regolarmente il padre ma si rifiutava di recarsi presso la sua casa. Successivamente il servizio affidatario evidenziava che all’ultimo incontro avuto con i genitori i loro rapporti apparivano migliorati , in quanto sembravano aver trovato un nuovo equilibrio nell’interesse del minore, avendo potuto il padre incontrare liberamente in un paio di occasioni il minore che appariva migliorato sia sul piano comportamentale che su quello cognitivo e metacognitivo, non essendo più influenzato negativamente nei confronti della figura paterna da parte della madre. Pertanto il Servizio Sociale affidatario chiedeva al Tribunale di svincolare la coppia genitoriale dall’affidamento ai servizi sociali e di liberalizzare gli incontri padre-figlio.
Il Tribunale emanava la sentenza con cui disponeva, in particolare, l’affidamento condiviso del minore ai genitori e il suo collocamento prevalente presso la madre, con facoltà del padre di poterlo frequentare con monitoraggio del Servizio sociale competente per territorio.
Il Tribunale nella parte motiva della sentenza precisa come non ha concordato con la ctu che nel caso di specie aveva rilevato la presenza nelle condotte materne della “sindrome di alienazione genitoriale”, evidenziando con dovizia di motivazioni, con cui si concorda, che l’alienazione genitoriale non è una sindrome, una patologia, bensì una disfunzione relazionale che può essere accompagnata dall’elemento soggettivo di una volontà dolosa, ma sussiste anche nei casi di condotta meramente colposa.
D’altra parte sia la giurisprudenza di merito che di legittimità molteplici volte ha evidenziato che non esiste nessuna PAS , ovvero Sindrome di alienazione parentale, ma semplicemente l’alienazione parentale, una relazione anomala tra un genitore e la prole che opera attraverso l’indottrinamento da parte di uno dei due genitori, che mette in atto, con il contributo attivo del figlio, una sorta di lavaggio di cervello finalizzata alla denigrazione dell’altro genitore e che conduce il minore a distaccarsi dalla realtà, ad alienarsi dagli affetti e a provare astio e disprezzo immotivato e costante nei confronti del genitore preso di mira.
Rammentiamo, in particolare, che la Cassazione Civile con l’ Ordinanza del 13 settembre 2017, n. 21215 specifica che il giudice non è vincolato ad accertare l’esistenza della sindrome da alienazione parentale (PAS), che non è riconosciuta universalmente come patologia a livello scientifico, ma deve verificare che la condotta di un genitore sia finalizzata alla svalutazione e denigrazione dell’altra figura genitoriale, vale a dire che “ il giudicante deve accertare l’adeguatezza del genitore a svolgere il proprio ruolo nei confronti del figlio, assicurando allo stesso il suo diritto alla bigenitorialità”.
Aggiungerei che i casi di alienazione genitoriale devono essere ben attenzionati e con tempestività, in quanto aprono scenari molto pericolosi soprattutto per il benessere dei minori, che hanno bisogno di entrambe le figure genitoriali per una loro sana crescita psicofisica e che , costretti emotivamente ed affettivamente a rinunciare ad uno di loro , si troveranno deprivati di una importante figura di riferimento ; sovente l’alienazione genitoriale viene identificata come un “disturbo iurigeno”, consequenziale ad un contesto giudiziario molto conflittuale e controverso per l’affidamento dei figli , che possono rimanere vittime innocenti di deprivazione affettiva, disturbi emotivo-relazionali, e a volte anche di vere e proprie problematiche psichiatriche.

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