A cura dell’Avv. Margherita Corriere – Presidente AMI sez. distr. CZ, Vice Presidente SISF Cosenza

Recentemente il Tribunale di Castrovillari, nell’ambito di una separazione giudiziale molto conflittuale, ha disposto l’affidamento esclusivo del figlio al padre , con allontanamento dalla madre per almeno sei mesi ela presa in carico presso una struttura protetta , onde poi essere collocato stabilmente presso la casa paterna.

Ma analizziamone l’iter giudiziario; all’esito dell’udienza presidenziale in un procedimento di separazione giudiziale il figlio veniva affidato ad entrambi i coniugi in regime condiviso, con collocazione presso lamadre, regolamentando il diritto di visita paterno. Tale ordinanza veniva subito reclamata dalla moglie che censurava le modalità di visita ritenute eccessivamente ampie ; seguiva il rigetto della Corte di Appello, che confermava integralmente l’ordinanza. Successivamente con un sub procedimento la madre chiedeva che venisse ridotto il periodo delle vacanze estive da trascorrere con il padre; anche questa richiesta veniva rigettata, in quanto non sussistevano circostanze sopravvenute idonee a legittimarne la rivisitazione.

Si aveva in seguito un ricorso da parte del padre che lamentava l’atteggiamento ostruzionistico tenuto dalla moglie in merito alla frequentazione del minore da parte paterna, chiedendo l’ammonizione della signora, che si opponeva, giustificando il suo comportamento e sostenendo che il padre era stato denunciato per aver abusato del figlio. Allora in via cautelare venivano sospesi gli incontri padre-figlio e solo successivamente veniva disposto che si svolgessero presso il Consultorio familiare.

Nelle relazioni sugli incontri le operatrici evidenziavano come la madre presentasse una sfiducia e rigidità sul loro operato e come non fosse propensa a collaborare al recupero del rapporto del figlio con il padre ;notavano , altresì, un eccessivo attaccamento della madre nei confronti del figlio che nutriva una buona disposizione nei confronti del padre , celata sotto i condizionamenti materni: da una parte, la madre parlava con le operatrici dell’opposizione del minore agli incontri del padre , mentre dall’altra invero potevano rilevare la non rispondenza di tali affermazioni ai messaggi non verbali del bambino.

Intanto la signora sporgeva denuncia-querela contro le operatrici sostenendo la falsità delle loro relazioni, chiedendo che fosse altra struttura ad occuparsi degli incontri. Ma il Tribunale rigettava l’istanza, ammonendola ad assumere un atteggiamento più collaborativo al predetto recupero sostenendo e favorendo gli incontri ed evitando di interferire nelle attività degli operatori del consultorio. Anche una nuova similare istanza della madre veniva rigettata ed il Tribunale ribadiva la necessità della collaborazione nel processo di ripresa del rapporto del figlio con il padre, facendo rilevare l’importanza della condotta tenuta dalla signora nella valutazione della sua idoneità genitoriale e nelle decisioni in merito all’affidamento del figlio.

Dopo aver intrapreso un percorso di mediazione la situazione sembrava migliorare, in quanto aveva avuto esito positivo un incontro protetto del padre con il figlio alla presenza materna, però il successivo incontro aveva esito negativo ed il bambino si rifiutava di vedere il padre .

Intanto la denuncia penale faceva il suo iter e il relativo procedimento finiva con la richiesta di archiviazione del PM e successivamente il Gip archiviava il caso a seguito dell’opposizione all’archiviazione della signora. Ed infatti il ctu nominato in sede penale riteneva il minore non attendibile “ sia per la tendenza alla suggestionabilità che per la presenza di vissuti inerenti alla conflittualità delle dinamiche familiari “.

In sede civile, nel contesto di una situazione così complessa e delicata, il Tribunale disponeva ctu psicologica onde verificare, previa descrizione psicologica della personalità dei genitori e del figlio ed indagine della relazione tra di essi, la sussistenza di un atteggiamento di ostilità del minore nei riguardi della figura paterna, accertandone le cause e rilevando eventuali specifici condizionamenti da parte di terzi.

Dopo una ampia e scrupolosa disamina ed analisi il ctu è pervenuto alla conclusione che sussistesse “un grave e complesso processo di alienazione parentale, in cui la madre “ ha inesorabilmente condizionato e manipolato psicologicamente il figlio” a danno del padre , mettendo in essere un rapporto simbiotico con il figlio , nel quale l’una si confonde con l’altro e ciascuno finisce con fare propri i pensieri , le convinzioni, le paure dell’altro, in una relazione di stretta interdipendenza affettiva, dalla quale è bandita la figura paterna, completamente rifiutata dal figlio che percepisce di tale genitore solamente aspetti negativi , mentre solo aspetti positivi dalla figura genitoriale materna, in assenza assoluta di ambivalenza.

Afferma il ctu che la signora in sede di colloqui peritali ha tenuto comportamenti verbali e non verbali  svilenti e denigranti il padre, in presenza del minore; tutto ciò era pertanto inconciliabile con la disponibilità manifestata dalla stessa solo verbalmente a favorire l’accesso del padre al figlio. Ancora il ctu

ha rilevato ambiguità nella signora, in quanto se da una parte spingeva i familiari a considerare l’archiviazione, dall’altra però sosteneva dubbi sulle risultanze delle indagini e riteneva genuine le dichiarazioni del figlio, che continuava a ripetere come “una litania” il racconto su abusi e maltrattamenti, ribadendo in maniera stereotipata che non voleva vedere il padre cattivo.

Nelle sue conclusioni il ctu affermava che il bambino “è condizionato psicologicamente dalla madre e dall’ambiente materno. I suoi pensieri si sovrappongono a quelli degli adulti di cui si fida “, qualificando come disfunzionale il rapporto madre –figlio, tipicizzato da una totale prevaricazione e intrusività della madre che non riesce a distaccarsi dal figlio che ormai considera una parte di sé. D’altro canto il ctu ha riscontrato nel padre caratteri passivi e l’essersi attribuito il ruolo di genitore ludico, che hanno favorito il condizionamento materno , però il ctu aveva anche rilevato in lui una particolare empatia nei confronti del figlio nell’unico incontro tenutosi tra padre e figlio presso il suo studio , il tutto sintomatico di potenziali risorse genitoriali idonee a supportare il minore nel recupero del suo rapporto con la figura paterna.

Pertanto il Tribunale , rilevata la assoluta inidoneità genitoriale della madre, che con assillanti e costanti condizionamenti aveva annullato il rapporto del minore con il proprio padre, causando la compromissione dell’equilibrio psicoaffettivo del figlio , esponendolo a rischi di genesi di rapporti affettivo relazionali disfunzionali e patologici, disponeva l’affidamento esclusivo del minore al padre, l’interruzione di ogni rapporto del bambino con la madre per almeno sei mesi ed il collocamento del minore presso una struttura protetta, con l’avvio di un trattamento psicologico finalizzato all’intervento sui falsi ricordi e al ripristino del legame con il padre, con la predisposizione di un piano di incontri del minore con il padre e prevedendo , una volta terminato il collocamento del bambino presso la struttura protetta, il rientro presso l’abitazione paterna , avviando , con il supporto psicologico indispensabile, il processo di riavvicinamento alla madre.

Tale sentenza si richiama ad una famosa decisione della Suprema Corte di Cassazione ; infatti con la sentenza n. 6919 /2016 la Cassazione aveva non solo affermato che non compete alla Corte dare giudizi sulla validità o invalidità delle teorie scientifiche sulla PAS ( Sindrome di alienazione parentale ), ma anche che spetta ai giudici invece capire e adeguatamente motivare sulle ragioni dell’ostinato rifiuto di uno dei genitori da parte della prole.

È importante infatti tenere conto che tra i requisiti di idoneità genitoriale ricopre una grande importanza la capacità di garantire la continuità delle relazioni parentali con l’altro genitore , onde tutelare in maniera effettiva e concreta il diritto del minore alla bigenitorialità e ad una sana crescita equilibrata ; infatti è fondamentale per la prole poter intrattenere rapporti costanti e significativi con entrambe le figure genitoriali , che sono rilevanti per un sereno e idoneo sviluppo della loro personalità . E pertanto in tema di affidamento di figli minori il giudizio prognostico deve essere effettuato nell’esclusivo interesse morale e materiale della prole, esaminando la capacità dei genitori di crescere ed educare i figli nella nuova situazione creatasi a seguito della disgregazione dell’unione , tenendo nel dovuto conto , in base ad elementi oggettivi, il modo in cui i genitori in precedenza hanno svolto i propri compiti, le rispettive capacità di relazione affettiva, la loro personalità , l’ambiente sociale e familiare che ciascuno di loro può offrire alla prole, fermo restando in ogni caso il rispetto del principio della bigenitorialità, che deve essere inteso come presenza affettivo – relazionale di entrambi i genitori nella vita dei figli, in modo da garantire loro una stabile e salda relazione emotiva con entrambi i genitori, che hanno il dovere di collaborare per la loro cura, assistenza, educazione e istruzione . Pertanto tra i requisiti di idoneità genitoriale , ai fini dell’affidamento o collocamento della prole, è rilevante accertare la capacità dei genitori di individuare i veri bisogni dei figli, tra i quali , in primis si evidenzia la capacità di riconoscere le loro esigenze affettive, che si identificano anche nella capacità di “preservargli la continuità delle relazioni parentali attraverso il mantenimento della trama familiare , al di là di egoistiche considerazioni di rivalsa sull’altro genitore, che purtroppo spesso possono causare ai figli gravi disfunzioni relazionali e disagi nella loro crescita psico-affettiva, senza un tempestivo mirato intervento.

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