Nel caso in esame si tratta di una vicenda attenzionata dal Tribunale per i Minorenni di Genova già dal 2013 e che ha una sua dialettica in un susseguirsi di tante vicissitudini dovute alla gravissima difficoltà per un padre di potersi relazionare con il proprio figlio ed adeguatamente frequentarlo a causa della forte opposizione della madre, che aveva instaurato un rapporto disfunzionale fortemente simbiotico con il minore, che, senza alcuna valida motivazione, rifiutava categoricamente sia il padre che il ramo parentale paterno.
Si è in presenza di un padre disperato dopo i lunghi iter giudiziari seguiti , dopo i diversi percorsi terapeutici falliti, dopo un provvedimento della Corte di Appello che , pur mantenendo l’affidamento del minore al Comune di residenza, aveva riformato il provvedimento del Tribunale nella parte in cui quest’ultimo aveva disposto il collocamento del figlio e della madre in una comunità 8o , al rifiuto della madre, del solo figlio), disponendo invece che la collocazione del minore rimanesse presso la casa materna.
Si erano susseguiti operazioni peritali, consulenti, interventi terapeutici, incontri protetti , ma la problematica iniziale era rimasta insoluta : il figlio rifiutava categoricamente la figura paterna a causa degli agiti della madre che non aveva consentito la reintroduzione della figura paterna nella vita del minore , negandogli di fatto un sano diritto alla bigenitorialità , incapace di comprendere l’importanza e la necessità per il figlio di avere un padre, rimanendo legata al minore da un rapporto simbiotico ormai diventato patologico e grave per l’evoluzione affettivo relazionale del figlio che presentava una grave forma di disturbo della personalità ( forma depressiva-schizoide).
Dal canto suo il padre era molto preoccupato per le condizioni psico-affettive del figlio e chiedeva dei provvedimenti che sbloccassero la situazione in cui era intrappolato il minore, causata da una forma di alienazione genitoriale messa in atti nel tempo dalla madre che continuava pervicacemente nella sua azione di impedire alcun rapporto tra padre e figlio.
Il Tribunale per i Minorenni di Genova , con provvedimento del 10.02.2021, confermava l’affidamento del minore al Comune di residenza . con contestuale mantenimento della collocazione presso la madre, con la prosecuzione degli interventi disposti dalla Corte di Appello di Genova con provvedimento del 17.4.2019. disponendo che tale affido fosse previsto per ulteriori altri due anni , all’esito dei quali la limitazione della responsabilità poteva essere revocata, salvo che permanessero ancora le attuali difficoltà e non si fosse realizzata la reintroduzione della figura paterna nella vita del ragazzino, caso in cui si sarebbe dovuto chiedere da parte del Servizio una riapertura del procedimento “per valutare i necessari provvedimenti”. Ancora , il Tribunale disponeva che i genitori dovessero “ aderire lealmente anche a un percorso di terapia di coppia presso una specialista di formazione psico-analitica” e, pertanto prescriveva “ai genitori di collaborare lealmente all’attuazione del provvedimento; di aderire alla terapia di coppia presso terapeuta di formazione psico-analitica”, disponendo che l’ente affidatario riferisse al Giudice Tutelare in merito all’esecuzione del decreto ogni sei mesi, salvo comunicazioni urgenti e alla Procura presso il Tribunale per i Minorenni se si fosse resa necessaria l’adozione di provvedimenti modificativi.
Orbene in merito a tale vicenda giudiziaria si pongono in particolare due questioni :
1) Ma il passare del tempo , degli anni, in maniera inesorabile , aiuta il riavvicinamento del padre al figlio? O se mai rende sempre più difficile un sano relazionarsi tra figura paterna e figlio?
E qui vengono in mente le parole più volte scritte dalla Corte di Strasburgo nei suoi numerosi provvedimenti ( basti ricordare Lombardo Contro Italia; Strumia contro Italia). In tali sentenze la Corte aveva riscontrato la violazione dell’art. 8 CEDU in quanto l’inerzia e i ritardi delle autorità nazionali avevano violato il diritto al rispetto della vita familiare dal momento che lo Stato italiano non aveva saputo garantire con strumenti efficaci e tempestivi il diritto di visita di uno dei genitori ai figli, atteso che il sistema era rimasto intrappolato nell’uso di strumenti inutili, prettamente irrigiditi in metodologie stereotipate e inefficaci, nonostante i giudici nazionali fossero stati ispirati nelle loro azioni dall’interesse della minore.
E già qui si può sommessamente ben intuire come tutto il lasso di tempo trascorso ( ben 8 anni) non posso che giocare a sfavore di un buon epilogo della vicenda , in cui certamente chi ne farà più di tutti le spese sarà il figlio , inconsapevolmente depauperato da una figura genitoriale e da quella serenità emotiva e armonia intellettiva essenziali per una sua sana crescita affettiva –relazionale , già molto compromessa.
2) Ma le prescrizioni di percorsi psicoterapeutici ai genitori per risolvere le loro criticità non erano state più volte autorevolmente dichiarate difformi ai dettami della nostra Costituzione, oltre che inutili se imposte?
E qui corre obbligo citare l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 18222/2019 che ha ritenuto ancora una volta non condivisibile la decisione con cui la Corte d’Appello di Perugia aveva confermato l’invito giudiziale diretto ai coniugi dal Tribunale a seguire con urgenza un percorso psicoterapico finalizzato a superare le criticità rilevate in merito all’esercizio della responsabilità genitoriale sul figlio minore. E a tal uopo la Suprema Corte ha rilevato che , sebbene la Corte di Appello avesse sostenuto la legittimità di tale prescrizione che doveva dovesse essere interpretata solo come un invito e non come una imposizione, tuttavia tale prescrizione , seppure effettuata nell’interesse della prole, incideva in concreto sulla libertà di autodeterminazione dei genitori alla cura della propria salute , garantita a livello costituzionale dall’art. 32 della Costituzione. Ed infatti sostiene la Suprema Corte che sebbene una simile prescrizione possa essere ritenuta dal Giudice come extrema ratio per aiutare la coppia a formarsi quali idonei genitori, non si può decidere di impartirla loro , a titolo di invito, ma , di fatto, a titolo di trattamento sanitario obbligatorio in difformità a quanto sancito dall’art. 32 della nostra Costituzione; ed infatti la finalità di un simile percorso psicoterapeutico – che deve rimanere estraneo al giudizio- è quella di realizzare una crescita e maturazione personale genitoriale ed attiene esclusivamente alla sfera del diritto di autodeterminazione dei singoli genitori.
Il percorso di maturazione personale dei genitori e la loro assunzione di cosciente responsabilità, in tanto potrà aversi, in quanto liberamente avviato , affidato al loro diritto imprescindibile di autodeterminazione. Se non sarà intrapreso liberamente e consapevolmente, molto raramente potrà condurre a risultati positivi ed efficaci nel tempo. E francamente nutro tantissime riserve in questo caso particolare, ove ormai la condotta alienante materna si è cristallizzata e radicata nel lungo tempo che inesorabilmente è trascorso.

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