Leggo con grande interesse quest’intervista rilasciata dal Garante Infanzia della Regione Calabria, Dott. Antonio Marziale, sociologo.
1. Nel pratico, riconoscere la Pas significa allontanare il minore da un coniuge, spesso la madre, dalla quale si esige implicitamente la posizione di garante delle relazioni tra padre e figlio. La Pas, però, non è stata riconosciuta dalla maggior parte della comunità scientifica internazionale, eppure in Italia alcuni giudici la prendono in considerazione quando si tratta di gestire l’affidamento dei minori a strutture che se ne prendano cura.
Si parla di alienazione parentale come processo psicologico e non come patologia o condizione medica. In ogni caso, riconoscere l’AP significa, nei casi più gravi e complessi, allontanare il minorenne dal genitore irresponsabile: il padre o la madre.
L’alienazione parentale è riconosciuta dalla comunità scientifica: chi la nega, è collocato saldamente al di fuori della stessa.
2. “Questa sindrome non esiste, per cui non si capisce perché debba essere tenuta in considerazione dai magistrati quando i consulenti tecnici d’ufficio fanno queste diagnosi”
Ha ragione il Garante: questa sindrome non esiste. Infatti, i Tribunali tendono a tutelare i diritti dei figli di “mantenere un rapporto equilibrato e continuativo” con entrambi i genitori per cui si parla di alienazione parentale, non di PAS. Se uno dei due genitori, direttamente e/o indirettamente, mette in atto dei comportamenti irresponsabili che contribuiscono a negare l’accesso del figlio all’altro genitore, allora il Tribunale (si spera) dispone dei provvedimenti previsti dalla legge: rimodulazione della frequentazione, inversione di collocamento, allontanamento del figlio dal genitore irresponsabile o da entrambi temporaneamente.
3. Sulla questione è già intervenuta la Corte Suprema: con la sentenza n. 13274/2019 emanata nel 2013, la Cassazione ha, infatti, precisato che il giudice, nel momento in cui si basa su una diagnosi che non è supportata dalla scienza medica ufficiale, è tenuto a verificarne il fondamento.
La sentenza n. 13274/19 (dep. 16 maggio 2019) (non è stata “emanata” nel 2013!), spiega (in modo confuso) un concetto molto semplice: il Tribunale deve basarsi su convincenti argomentazioni. Infatti, spiegare il rifiuto di un figlio nei confronti di un genitore chiamando in causa la PAS come Sindrome è metodologicamente errato. Non si tratta di una sindrome e non si diagnostica. Il CTU (e poi il Giudice) deve spiegare dettagliatamente come avviene il rifiuto del figlio e quali sono le cause, senza diagnosticare nulla e senza far riferimento ai contestati criteri di Gardner. Il concetto di alienazione parentale è stata ampiamente rivisto negli ultimi anni.
In ogni caso, al di là delle definizioni, la giurisprudenza giustamente e legittimamente tende a tutelare il figlio che non riesce a frequentare regolarmente un genitore a causa principalmente delle condotte dell’altro. Questa è una sentenza della Cassazione depositata il 17 maggio 2019 (il giorno dopo della n. 13274) confermando la condanna del genitore dominante ex art. 709-ter c.p.c.:

Nel caso di specie, la Corte d’appello ha ritenuto comprovato un atteggiamento ostruzionistico del genitore ed il condizionamento al corretto svolgimento delle modalità di affidamento del minore (p. 3), nonché il disagio, le sofferenze ed i conflitti derivati al minore dall’atteggiamento del genitore.

Qui, invece, un recente decreto del Tribunale di Castrovillari:

Considerato:
che, per quanto riguarda l’ “alienazione parentale”, la critica non è di alcuna rilevanza, posto che sia il CTU sia il Consultorio hanno usato tale espressione non per indicare una patologia in senso medico bensì per descrivere il fenomeno del rifiuto ingiustificato da parte dei figli minori nei confronti di uno dei genitori, rifiuto che trova causa nella campagna denigratoria posta in essere dall’ altro genitore: tale fenomeno è ben frequente e percepibile nella casistica della crisi delle coppie con prole e non è affatto negato dalla giurisprudenza della Suprema Corte (vedi Cass. 6919/2016).

4. L’effetto delle sentenze ricade non solo sui minori, ma anche sulle madri. Dalle sentenze esaminate è, infatti, emerso che le consulenze basate su Pas portano, quasi sempre all’affidamento paterno, perché la presunta alienazione del minore sarebbe causata da un’altrettanto presunta manipolazione delle madri sui figli.
L’alienazione parentale viene rilevata nei casi in cui il genitore dominante è il padre o la madre. Non corrisponde a verità processuale che l’alienazione parentale è utilizzata per ottenere l’affidamento paterno.
5. Personalmente, sto valutando alcuni casi che mi sono stati segnalati nella Regione Calabria. Un garante non può entrare nel merito delle vicende processuali ma, se dovessi acocorgermi che esiste una sentenza basata su una Pas, allora lo segnalerò alle istituzioni competenti.
Alcuni Tribunali calabresi si sono distinti per alcune sentenze innovative a garanzia dei diritti relazionali dei figli. Sentenze e decreti che sono stati ripresi da altri Tribunali italiani e pubblicate nelle riviste di diritto di famiglia.
Cos’è l’alienazione parentale se non è una sindrome?
L’alienazione parentale rappresenta la violazione, da parte di un genitore, del diritto del figlio di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con l’altro genitore e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale. Il riferimento normativo è l’art. 337-ter comma 1 c.c.
Qui una mia definizione di alienazione parentale:
L’alienazione parentale è possibile rilevarla solo nei contenziosi legali di separazione, divorzio e affidamento. Essa rappresenta l’impossibilità di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo tra genitore e figlio principalmente a causa dei comportamenti devianti dell’altro genitore incube. Tali comportamenti tendono a svalorizzare le capacità di comprensione e decisione del figlio fino a provocare un vero e proprio rifiuto di quest’ultimo nei confronti del genitore succube il quale rivestirà un ruolo sempre più passivo e marginale. Il processo psicologico dell’alienazione parentale determina nel figlio vittima, in relazione alla sua età e alla sua capacità di discernimento, una coartazione della sua volontà. L’alienazione parentale rappresenta la negazione del diritto del figlio alla salute, alla dignità e all’autodeterminazione.
Maggiori informazioni sull’alienazione parentale in questo sito e sul libro:

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