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Il presente testo prende spunto da due precedenti documenti deliberati dal Consiglio dell’Ordine degli Psicologi della Calabria sul tema delle prescrizioni ‘psico-giudiziarie’ da parte dei Tribunali nei casi di separazione, divorzio e affidamento dei figli.
L’Art. 473-bis-27 del Codice di Procedura Civile è stato introdotto dal D. Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 (c.d. ‘Riforma Cartabia’).
Il D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, ha disposto (con l’art. 35, comma 1) che “Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti”.
Il suddetto articolo regolamenta, per la prima volta in Italia, una disposizione molto diffusa da parte dell’Autorità Giudiziaria che si concretizza nell’invio del nucleo familiare diviso – coinvolto nei procedimenti civili di separazione, divorzio e affidamento – ai Servizi sanitari pubblici o privati convenzionati per interventi psicologici, sociali, educativi nell’interesse delle persone minorenni. Nello specifico, vengono demandate al Servizio sanitario attività quali la valutazione delle capacità genitoriali, il sostegno psicologico/la psicoterapia ai genitori e/o al figlio, gli incontri protetti/assistiti, il monitoraggio del nucleo familiare.
L’obiettivo del presente documento è chiarire le competenze del Dirigente Psicologo e dello Psicologo Specialista Ambulatoriale (nel documento ‘Psicologo’) operanti all’interno del Servizio Sanitario Nazionale e fissare i confini tra l’ambito giuridico e sanitario e quando questi possono sovrapporsi, in che modo, evidenziando risorse e limiti.
Di seguito verrà presentato l’Art. 473-bis.27 c.p.c., le sue criticità epistemologiche, giuridiche e deontologiche ed i riflessi sulla sua applicazione anche alla luce di tali criticità.

Ovviamente si tratta di una Norma vigente, quindi non si discute la sua applicazione.
Riconosciamo a tale Norma l’ottima intenzione di costruire risposte in termini di cura.
Non si tratta affatto di ritenerla tout court sbagliata e tutti i punti che ne riflettiamo non li riteniamo mai cattivi per intenzione o fini.
Semplicemente immaginiamo che possano mettere in difficoltà i colleghi perché non sempre facilmente armonizzabili con altre norme e con la deontologia e l’epistemologia degli psicologi.
Il margine di perseguimento di questa armonizzazione può essere stretto e ansioso dato che «Quando dispone l’intervento dei servizi sociali o sanitari, Il Giudice indica in modo specifico l’attività ad essi demandata» (e, quando si tratta di psicoterapia o di sostegno psicologico, è difficile pensare che possa non essere riguardata la nostra figura professionale anche se il Giudice si rivolge al Servizio).
Rispetto a questo margine stretto e ansioso, alle difficoltà che possono avere i colleghi, riteniamo sia un dovere provare a fornire un utile contributo.
Vogliamo semplicemente intendere questo documento come un Documento di Facilitazione nell’applicazione della Norma.
Riteniamo possa esserlo perché solleva delle questioni che comunque possono porsi nei fatti, perché può allenare i colleghi a rifletterle, perché può orientarli nei bilanciamenti applicativi.
Ci si può poi confrontare nel merito su ognuno dei punti evocati.
Ma sull’esigenza e la direttrice facilitatrici, auspichiamo davvero condivisione e convergenza da parte di ogni interlocutore.

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