A cura dell’Avv. Margherita Corriere, Presidente AMI sez. distr. CZ, foro di Cosenza
Il Tribunale di Brescia con una recentissima sentenza ha disposto l’affidamento esclusivo al padre della figlia, con suo collocamento presso la residenza paterna.
È l’epilogo di una grave condizione alienante in cui versava la minore dopo la crisi coniugale dei propri genitori che avevano adito il tribunale per la separazione.
Da una parte la madre richiedeva , senza alcuna valida ragion, l’affidamento esclusivo della bambina, mentre il padre aveva fatto istanza per ottenere l’affidamento condiviso e tempi di frequentazione padre-figlia più congrui , onde poter intrattenere rapporti significativi con la minore e prendersi cura adeguatamente di lei.
Ma nel corso degli anni il rapporto padre-figlia era mutato radicalmente, in quanto , mentre in un primo periodo era stato positivo, successivamente, era peggiorato in maniera molto rilevante sino ad annullarsi del tutto , tipicizzato dal tenace e costante rifiuto della ragazzina di avvicinarsi al padre, nonostante il continuo monitoraggio dei servizi sociali e in assenza di mancanze o responsabilità del padre, che, anzi, già dalla prima consulenza espletata, si era dimostrato “ attento alle richieste della figlia ..partecipe alla vita della bambina”, mostrando “buone competenze nel rapportarsi con la figlia”, riuscendo a controllarsi senza reagire alle critiche e al rifiuto immotivato della stessa , per i quali si era mostrato molto addolorato.
Espletata la ctu, veniva evidenziato che la ostinata e caparbia immotivata volontà della minore di rifiutare il padre rientrava nella condotta tipica dell’alienazione parentale, vale a dire quella dinamica relazionale disfunzionale in cui la prole può rimanere implicata durante l’acceso iter giudiziario di una separazione. Spesso infatti gli esperti sostengono che l’alienazione parentale ha origine iatrogena, scaturisce dalla conflittualità che si innesca tra i coniugi durante la vertenza giudiziaria , facendo loro dimenticare di rimanere una adeguata e matura coppia genitoriale che continua a prendersi cura adeguatamente dei propri figli, nella consapevolezza che genitori si rimarrà per tutta la vita e si ha il dovere di mantenere, assistere, educare, curare e dare affetto ala prole , a prescindere dalla crisi e dalla fine del rapporto di coniugio.
Nel caso in esame il ctu individua “otto sintomi…utili a valutare i punti critici nelle relazioni disfunzionali tra il minore ed il genitore rifiutato”, che sarebbero i seguenti:
1) Campagna di denigrazione, nella quale il minore imita i messaggi di denigrazione del genitore alienante;
2) Motivazioni illogiche e avventate per giustificare le motivazioni del suo disagio con il genitore alienato;
3) Mancanza di ambivalenza, per cui il genitore alienante è descritto come tutto positivo, mentre quello alienato come totalmente negativo;
4) Presenza del fenomeno del cosiddetto pensatore indipendente , che porta il minore a sostenere che ha sviluppato da solo la campagna di denigrazione verso uno dei due genitori;
5) Presa di posizione del bambino esclusivamente e costantemente a favore del genitore alienante;
6) Mancanza di senso di colpa;
7) Affermazioni che coerentemente non possono essere proprie del minore, ma dell’adulto alienante;
8) Ostilità estesa al tutto il ramo parentale del genitore alienato.
Nel caso di alienazione parentale la gravità della situazione consiste soprattutto nel pericolo che venga seriamente compromesso lo sviluppo psicofisico del minore , in quanto il rifiuto caparbio ed immotivato di un genitore potrebbe condurlo ad un disturbo di personalità paranoide o antisociale, compromettendo il sano ed armonioso sviluppo psicofisico del bambino. Ed infatti nel caso preso in esame dalla sentenza del Tribunale di Brescia il ctu aveva rilevato nella minore la presenza di “ alcuni sintomi significativi di un disturbo paranoide che potrebbero aggravarsi e stabilizzarsi”.
Pertanto è fondamentale salvaguardare la salute psichica della minore , tenendo conto di due fattori molto importanti : l’ampliamento degli incontri padre-figlia e il quadro relazionale disfunzionale provocato dalla condotta materna di svilimento e annullamento della figura genitoriale paterna, che, nel caso di specie, era culminato nella denuncia –querela sporta dalla signora contro il marito, accusandolo di falsi abusi ai danni della figlia , il cui procedimento era stato archiviato per insussistenza della notizia criminis.
La madre ha pertanto adottato una serie di condotte altamente denigratorie del padre, finalizzate all’annientamento della sua figura genitoriale e indicatrici della sua inadeguatezza genitoriale incompatibile certamente con l’affidamento condiviso.
D’altra parte più volte la Cassazione , in particolare con la sentenza n.6919 del 2016, ha fatto rilevare che tra i requisiti di idoneità genitoriale è molto importante la capacità di preservare la continuità delle relazioni con l’altra figura parentale , a tutela del diritto sacrosanto e fondamentale alla bigenitorialità della prole, imprescindibile per una sana ed equilibrata crescita psicofisica.
Da qui pertanto la decisione del Tribunale di Brescia, presieduto dalla dr.ssa Elda Geraci – Giudice Relatore il dr. Andrea Tinelli- di affidare la minore in via esclusiva al padre , di collocarla presso di lui e di disporre che la madre potesse tenere con sé la bambina tre pomeriggi a settimana – anche a casa propria – ma sempre alla presenza di un educatore individuato dai servizi sociali.
Nel caso in esame il rapporto disfunzionale e simbiotico tra madre alienante e figlia aveva creato notevoli problematiche emotivo-relazionali alla minore che bisognava aiutare e supportare nella sua crescita psico-affettiva, facendole recuperare il rapporto con la figura paterna, che da sempre aveva dato contezza di maturità genitoriale e di tenere moltissimo al benessere della figlioletta, attendendosi responsabilmente alle disposizioni del tribunale e dei servizi sociali.
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A cura dell’Avv. Margherita Corriere, Presidente AMI sez. distr. CZ, foro di Cosenza
Il Tribunale di Brescia con una recentissima sentenza ha disposto l’affidamento esclusivo al padre della figlia, con suo collocamento presso la residenza paterna.
È l’epilogo di una grave condizione alienante in cui versava la minore dopo la crisi coniugale dei propri genitori che avevano adito il tribunale per la separazione.
Da una parte la madre richiedeva , senza alcuna valida ragion, l’affidamento esclusivo della bambina, mentre il padre aveva fatto istanza per ottenere l’affidamento condiviso e tempi di frequentazione padre-figlia più congrui , onde poter intrattenere rapporti significativi con la minore e prendersi cura adeguatamente di lei.
Ma nel corso degli anni il rapporto padre-figlia era mutato radicalmente, in quanto , mentre in un primo periodo era stato positivo, successivamente, era peggiorato in maniera molto rilevante sino ad annullarsi del tutto , tipicizzato dal tenace e costante rifiuto della ragazzina di avvicinarsi al padre, nonostante il continuo monitoraggio dei servizi sociali e in assenza di mancanze o responsabilità del padre, che, anzi, già dalla prima consulenza espletata, si era dimostrato “ attento alle richieste della figlia ..partecipe alla vita della bambina”, mostrando “buone competenze nel rapportarsi con la figlia”, riuscendo a controllarsi senza reagire alle critiche e al rifiuto immotivato della stessa , per i quali si era mostrato molto addolorato.
Espletata la ctu, veniva evidenziato che la ostinata e caparbia immotivata volontà della minore di rifiutare il padre rientrava nella condotta tipica dell’alienazione parentale, vale a dire quella dinamica relazionale disfunzionale in cui la prole può rimanere implicata durante l’acceso iter giudiziario di una separazione. Spesso infatti gli esperti sostengono che l’alienazione parentale ha origine iatrogena, scaturisce dalla conflittualità che si innesca tra i coniugi durante la vertenza giudiziaria , facendo loro dimenticare di rimanere una adeguata e matura coppia genitoriale che continua a prendersi cura adeguatamente dei propri figli, nella consapevolezza che genitori si rimarrà per tutta la vita e si ha il dovere di mantenere, assistere, educare, curare e dare affetto ala prole , a prescindere dalla crisi e dalla fine del rapporto di coniugio.
Nel caso in esame il ctu individua “otto sintomi…utili a valutare i punti critici nelle relazioni disfunzionali tra il minore ed il genitore rifiutato”, che sarebbero i seguenti:
1) Campagna di denigrazione, nella quale il minore imita i messaggi di denigrazione del genitore alienante;
2) Motivazioni illogiche e avventate per giustificare le motivazioni del suo disagio con il genitore alienato;
3) Mancanza di ambivalenza, per cui il genitore alienante è descritto come tutto positivo, mentre quello alienato come totalmente negativo;
4) Presenza del fenomeno del cosiddetto pensatore indipendente , che porta il minore a sostenere che ha sviluppato da solo la campagna di denigrazione verso uno dei due genitori;
5) Presa di posizione del bambino esclusivamente e costantemente a favore del genitore alienante;
6) Mancanza di senso di colpa;
7) Affermazioni che coerentemente non possono essere proprie del minore, ma dell’adulto alienante;
8) Ostilità estesa al tutto il ramo parentale del genitore alienato.
Nel caso di alienazione parentale la gravità della situazione consiste soprattutto nel pericolo che venga seriamente compromesso lo sviluppo psicofisico del minore , in quanto il rifiuto caparbio ed immotivato di un genitore potrebbe condurlo ad un disturbo di personalità paranoide o antisociale, compromettendo il sano ed armonioso sviluppo psicofisico del bambino. Ed infatti nel caso preso in esame dalla sentenza del Tribunale di Brescia il ctu aveva rilevato nella minore la presenza di “ alcuni sintomi significativi di un disturbo paranoide che potrebbero aggravarsi e stabilizzarsi”.
Pertanto è fondamentale salvaguardare la salute psichica della minore , tenendo conto di due fattori molto importanti : l’ampliamento degli incontri padre-figlia e il quadro relazionale disfunzionale provocato dalla condotta materna di svilimento e annullamento della figura genitoriale paterna, che, nel caso di specie, era culminato nella denuncia –querela sporta dalla signora contro il marito, accusandolo di falsi abusi ai danni della figlia , il cui procedimento era stato archiviato per insussistenza della notizia criminis.
La madre ha pertanto adottato una serie di condotte altamente denigratorie del padre, finalizzate all’annientamento della sua figura genitoriale e indicatrici della sua inadeguatezza genitoriale incompatibile certamente con l’affidamento condiviso.
D’altra parte più volte la Cassazione , in particolare con la sentenza n.6919 del 2016, ha fatto rilevare che tra i requisiti di idoneità genitoriale è molto importante la capacità di preservare la continuità delle relazioni con l’altra figura parentale , a tutela del diritto sacrosanto e fondamentale alla bigenitorialità della prole, imprescindibile per una sana ed equilibrata crescita psicofisica.
Da qui pertanto la decisione del Tribunale di Brescia, presieduto dalla dr.ssa Elda Geraci – Giudice Relatore il dr. Andrea Tinelli- di affidare la minore in via esclusiva al padre , di collocarla presso di lui e di disporre che la madre potesse tenere con sé la bambina tre pomeriggi a settimana – anche a casa propria – ma sempre alla presenza di un educatore individuato dai servizi sociali.
Nel caso in esame il rapporto disfunzionale e simbiotico tra madre alienante e figlia aveva creato notevoli problematiche emotivo-relazionali alla minore che bisognava aiutare e supportare nella sua crescita psico-affettiva, facendole recuperare il rapporto con la figura paterna, che da sempre aveva dato contezza di maturità genitoriale e di tenere moltissimo al benessere della figlioletta, attendendosi responsabilmente alle disposizioni del tribunale e dei servizi sociali.
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