CARTA DI NOTO AGGIORNAMENTO 2011 10-12 giugno 2011
LINEE GUIDA PER L’ESAME DEL MINORE IN CASO DI ABUSO SESSUALE
Premessa Il secondo aggiornamento della Carta di Noto, nove anni dopo il primo, ha come scopo quello di adeguare il contenuto del documento ai progressi scientifici maturati nello studio del cervello, dei processi cognitivi, percettivi, mnestici e nel campo della psicologia evolutiva. L’irruzione delle nuove tecnologie informatiche nel mondo giovanile ha prodotto profonde modificazioni nei sistemi cognitivo ed emotivo, tanto più radicali quanto più debole ed esposta sia la mente che subisce il fenomeno. Le linee guida che seguono devono considerarsi quali suggerimenti diretti a garantire l’attendibilità dei risultati degli accertamenti tecnici e la genuinità delle dichiarazioni, assicurando nel contempo al minore la protezione psicologica, la tutela dei suoi diritti relazionali, nel rispetto dei principi costituzionali del giusto processo e degli strumenti del diritto internazionale. In particolare, i principi e le regole contenuti in questa Carta recepiscono le disposizioni contemplate dall’articolo 8,comma 6 del Protocollo della Convenzione di New York ratificato l’ 11 marzo 2002 e dall’articolo 30, comma 4 della Convenzione di Lanzarote ratificata in data 19 gennaio 2010 . Quando non fanno riferimento a specifiche figure professionali, le linee guida valgono per qualunque soggetto che nell’ambito del procedimento instauri un rapporto con il minore.
1. Le collaborazioni come ausiliari della P.G. e dell’Autorità Giudiziaria, nonché gli incarichi di consulenza tecnica e di perizia in materia di abuso sessuale, devono essere affidate a professionisti che abbiano conseguito una specifica formazione, tanto se scelti in ambito pubblico quanto se scelti in ambito privato. Essi sono tenuti a garantire il loro costante aggiornamento professionale interdisciplinare. Nel raccogliere e valutare le informazioni del minore gli esperti devono: a) utilizzare metodologie evidence-based e strumenti (test, colloqui, analisi delle dichiarazioni, ecc.) che possiedano le caratteristiche di ripetibilità e accuratezza, e che siano riconosciuti come affidabili dalla comunità scientifica di riferimento; b) esplicitare i modelli teorici utilizzati, così da permettere la valutazione critica dei risultati. E’ metodologicamente corretta una procedura basata su principi verificabili di acquisizione, analisi e interpretazione di dati e fondata su tecniche ripetibili e controllabili, in linea con le migliori e aggiornate evidenze scientifiche.
2. E’ diritto delle parti processuali, in occasione del conferimento di ogni incarico peritale, interloquire sull’effettiva competenza dell’esperto e sul contenuto dei quesiti.
3. In tema di idoneità a testimoniare del minore le parti e gli esperti si assicurano che i quesiti siano formulati in modo da non implicare giudizi, definizioni o altri profili di competenza del giudice.
4. La valutazione psicologica non può avere ad oggetto la ricostruzione dei fatti o la veridicità di quanto raccontato dal minore che spettano esclusivamente all’Autorità Giudiziaria. L’esperto deve esprimere giudizi di natura psicologica avuto anche riguardo alla peculiarità della fase evolutiva del minore.
5. Per soggetti minori di età inferiore agli anni dieci si ritiene necessario, salvo in casi di eccezionali e comprovate ragioni di tutela del minore, che sia disposta perizia al fine di verificarne la idoneità a testimoniare. La idoneità a testimoniare non implica la veridicità e credibilità della narrazione.
6. L’accertamento sulla idoneità a testimoniare deve precedere l’audizione del minore. Tale accertamento va condotto evitando di sollecitare la narrazione sui fatti per cui si procede.
7. Le dichiarazioni del minore vanno sempre assunte utilizzando protocolli d’intervista o metodiche ispirate alle indicazioni della letteratura scientifica, nella consapevolezza che ogni intervento sul minore, anche nel rispetto di tutti i canoni di ascolto previsti, causa modificazioni, alterazioni e anche perdita dell’originaria traccia mnestica. Le procedure d’intervista devono adeguarsi, nella forma e nell’articolazione delle domande alle competenze cognitive, alla capacità di comprensione linguistica (semantica, lessicale e sintattica), alla capacità di identificare il contesto nel quale l’evento autobiografico può essere avvenuto, alla capacità di discriminare tra eventi interni ed esterni, nonché al livello di maturità psico-affettiva del minore. Un particolare approfondimento dovrà essere effettuato in ordine all’abilità del minore di organizzare e riferire il ricordo in relazione alla complessità narrativa e semantica delle tematiche in discussione e all’eventuale presenza di influenze suggestive, interne o esterne, derivanti dall’interazione con adulti.
8. Non è metodologicamente corretto esprimere un parere senza aver esaminato il minore e gli adulti di riferimento, salvo che non ve ne sia la rituale e materiale possibilità, dando conto in tal caso delle ragioni dell’incompletezza dell’indagine. Tale valutazione – allo scopo di identificare eventuali influenze suggestive esterne – non può prescindere dall’analisi dei contesti e delle dinamiche che hanno condotto il minore a riferire o rivisitare la propria esperienza.
9. Il parere dell’esperto dovrà chiarire e considerare le modalità attraverso le quali, prima del proprio intervento, il minore ha narrato i fatti a familiari, P.G., magistrati ed altri soggetti. In particolare, dovrà dar conto: a) delle sollecitazioni e del numero di ripetizioni del racconto; b) delle modalità utilizzate per sollecitare il racconto; c) delle modalità della narrazione dei fatti (se spontanea o sollecitata, se riferita solo dopo ripetute insistenze da parte di figure significative); d) del contenuto e delle caratteristiche delle primissime dichiarazioni, nonché delle loro modificazioni nelle eventuali reiterazioni sollecitate.
10. Le attività di acquisizione delle dichiarazioni e dei comportamenti del minore devono essere video-registrate, in quanto anche gli aspetti non verbali della comunicazione sono importanti per una corretta valutazione. La videoregistrazione è finalizzata anche a ridurre le audizioni del minore. Tutto il materiale video-registrato, anche in contesti quotidiani e domestici, relativo all’ascolto di minori da parte di figure adulte significative, deve essere acquisito agli atti al fine di valutarne la rispondenza ai requisiti di validità elaborati dalla letteratura psico-giuridica e dalle scienze cognitive. Le riprese video dovranno sempre consentire di verificare le modalità dell’interazione dell’esperto con il minore (comunicazione non verbale, feedback, ecc.). In caso di abuso intrafamiliare gli accertamenti devono essere estesi ai membri della famiglia, compresa la persona cui è attribuito il fatto, e, ove necessario, al contesto sociale del minore. Tali accertamenti non possono prescindere dalla videoregistrazione delle dichiarazioni delle persone sopraindicate.
11. Qualora il minore sia sottoposto a test psicologici i protocolli e gli esiti della somministrazione devono essere prodotti integralmente ed in originale. I test utilizzati devono essere caratterizzati da elevata e comprovata affidabilità scientifica. La scelta dei test è affidata alla competenza dell’esperto che dovrà rispondere al giudice e alle parti del loro grado di scientificità. I test e i disegni non sono utilizzabili per trarre conclusioni sulla veridicità dell’abuso. Non esistono, ad oggi, strumenti o costrutti psicologici che, sulla base di teorie accettate dalla comunità scientifica di riferimento, consentano di discriminare un racconto veritiero da uno non veritiero, così come non esistono segnali psicologici, emotivi o comportamentali attendibilmente assumibili come rivelatori o “indicatori”’ di una vittimizzazione sessuale o della sua esclusione.
12. In sede di raccolta delle dichiarazioni del minore ritenuto ideoneo a testimoniare occorre: a) garantire che egli sia sentito in contraddittorio il più presto possibile; b) garantire che l’incontro avvenga in orari, tempi, modi e luoghi tali da assicurare, per quanto possibile, la sua serenità; c) informarlo dei suoi diritti e del suo ruolo in relazione alla procedura in corso; d) consentirgli di esprimere esigenze e preoccupazioni; e) evitare, anche nella fase investigativa, modalità comunicative anche non verbali che possano compromettere la spontaneità e le domande che possano nuocere alla sincerità e genuinità delle risposte; f) contenere la durata e le modalità del colloquio in tempi rapportati all’età e alle condizioni emotive del minore,nel rispetto comunque dei diritti processuali delle parti.
13. Al fine di garantire nel modo migliore l’obiettività dell’indagine, l’esperto deve individuare eventuali ipotesi alternative emerse o meno nel corso dei colloqui. I sintomi di disagio che il minore manifesta non possono essere considerati come “indicatori” specifici di abuso sessuale, potendo derivare da conflittualità familiare o da altre cause, mentre la loro assenza non esclude l’abuso. Attenzione particolare va riservata ad alcune situazioni specifiche, idonee ad influire sulle dichiarazioni dei minori come: a) separazioni coniugali caratterizzate da inasprimento di conflittualità dove si possono verificare, ancor più che in altri casi, situazioni di falsi positivi o falsi negativi; b) allarmi generati solo dopo l’emergere di un’ipotesi di abuso; c) fenomeni di suggestione e di contagio ‘dichiarativo’; d) condizionamenti o manipolazioni anche involontarie (es. contesto psicoterapeutico, scolastico, ecc. ) .
14. Nei casi di abusi sessuali collettivi cioè di eventi in cui si presume che una o più persone abbiano abusato sessualmente di più minori, occorre acquisire elementi per ricostruire, per quanto possibile, la genesi e le modalità di diffusione delle notizie anche al fine di evidenziare una eventuale ipotesi di “contagio dichiarativo”.
15. L’incidente probatorio è la sede privilegiata di acquisizione delle dichiarazioni del minore nel corso del procedimento, sempre che venga condotto in modo da garantire, nel rispetto della personalità in evoluzione del minore, il diritto alla prova costituzionalmente riconosciuto.
16. Quando sia formulato un quesito o prospettata una questione relativa alla compatibilità tra quadro psicologico del minore e ipotesi di reato che abbiano visto lo stesso vittima di violenza anche sessuale, è necessario che l’esperto rappresenti, a chi gli conferisce l’incarico, che le attuali conoscenze in materia non consentono di individuare dei nessi di compatibilità od incompatibilità tra sintomi di disagio e supposti eventi traumatici. L’esperto non deve esprimere, sul punto della compatibilità, pareri né formulare conclusioni.
17. La funzione dell’esperto incaricato di effettuare una valutazione sul minore a fini giudiziari deve restare distinta da quella finalizzata al sostegno e trattamento e va pertanto affidata a soggetti diversi. La distinzione dei ruoli e dei soggetti deve essere rispettata anche nel caso in cui tali compiti siano attribuiti ai Servizi Socio-Sanitari pubblici. In ogni caso, i dati ottenuti nel corso delle attività di sostegno e di terapia del minore non sono influenti, per loro natura, ai fini dell’accertamento dei fatti, che è riservato esclusivamente all’Autorità Giudiziaria. La stessa persona che ha svolto o sta svolgendo a favore della presunta vittima attività psicoterapeutica o di sostegno psicologico non può assumere il ruolo di esperto in ambito penale. Fatta eccezione per i casi di rilevante e accertata urgenza e gravità di disturbi a livello psicopatologico del minore, l’avvio di un percorso terapeutico deve avvenire dopo l’acquisizione della testimonianza per evitare eventuali inquinamenti.
18. L’assistenza psicologica al minore va affidata ad un operatore specializzato che manterrà l’incarico in ogni stato e grado del procedimento penale. Tale persona dovrà essere diversa dall’esperto e non potrà, comunque, interferire nelle attività di indagine e di formazione della prova.
 

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By Published On: 30 Dicembre 2013Categories: Linee Guida0 Comments on Carta di Noto III (2011)Tags: , Last Updated: 30 Dicembre 2013

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