Commento dell’Avv. Margherita Corriere sulla recente sentenza della Cassazione 2770/17.
È interessante la sentenza della Cassazione in esame soprattutto per due motivi:
1- Mette in evidenza come sia importante nell’affidamento della prole ascoltare il minore e comprendere presso quale dei due genitori voglia essere collocato in maniera prevalente : è un suo diritto imprescindibile.
2- Dà rilevanza giuridica all’alienazione parentale in merito all’affidamento della prole , affermando , nel caso di specie, che non se ne rileva la sussistenza da parte di nessuno dei due genitori.
Ecco il caso : una madre propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello, dolendosi prevalentemente del fatto che il giudice di appello non avesse tenuto in debito conto , nel disporre il collocamento del figlio, in sede di separazione giudiziale, di una maggiore idoneità della stessa a prendersi cura del minore.
Ma la Suprema Corte osserva che invece la sentenza impugnata fonda la sua ratio decidendi in punto di affidamento del minore , in particolare, sulle stesse dichiarazioni del ragazzo, che manifesta senza ombra di dubbio, il desiderio di poter continuare ad essere collocato presso il padre , ove , sostiene di ricevere molte attenzioni
E la Cassazione rileva l’importanza dell’audizione dei minori , già prevista dall’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del Fanciullo , quale adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che riguardino minori, soprattutto nelle cause relative al loro affidamento , ai sensi dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 1996 , ratificata con la legge n. 77 /2003, nonché dell’art. 155- sexies c.c.applicabile ratione temporis. Pertanto per la Suprema Corte l’ascolto del minore espletato dal Giudice di merito “costituisce una modalità tra le più rilevanti del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano , nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse.”
L’idoneità genitoriale, d’altra parte, deve essere accertata dal giudice con apprezzamento globale, tenendo conto, oltre che dell’attitudine morale, della personalità del genitore medesimo, della capacità affettiva, della disponibilità ad un assiduo rapporto e dell’ambiente in cui vive, il tutto in relazione alle esigenze materiali, morali e psicologiche del figlio.
Nel caso in esame il ctu che aveva espletato l’esame del minore aveva riferito in maniera dettagliata al giudicante che non era emerso “alcun segno di alienazione parentale da parte dell’uno o dell’altro genitore” e che nel ragazzo non si riscontravano assolutamente le difficoltà paventate dalla madre.
Pertanto il ctu ne aveva tratto la conclusione – condivisa poi dalla Corte territoriale – che la collocazione del minore presso l’abitazione paterna era “maggiormente conforme al suo attuale interesse , al suo equilibrio e alla sua serenità “ .
Pertanto la Corte di Cassazione riteneva tale ratio della decisione impugnata non inficiata in alcun modo dalle considerazioni di merito e rigettava il ricorso promosso dalla madre del ragazzino.
Notiamo pertanto come nella sentenza in esame la Corte di Cassazione tenga nel dovuto la presenza o assenza di alienazione parentale , quale criterio per discernere se la volontà del minore sia consapevole o indotta da un continuo e assillante lavaggio di cervello da parte di uno dei due genitori. Sappiamo infatti che l’alienazione parentale è una condizione nella quale un figlio o una figlia rifiuta immotivatamente un genitore sulla base di una “campagna di denigrazione” e di una programmazione, più o meno diretta, messa in atto dall’altra figura genitoriale. Spesso tutto ciò scaturisce da una separazione molto conflittuale, in cui uno dei due coniugi intende farla pagare all’altro distruggendolo come figura genitoriale , con una “campagna denigratoria” che , di fatto, porta al suo annullamento. È importante attenzionare tale meccanismo che qualora sussista, può innescare nel minore alienato oltre a grave disagio emotivo-relazionale , vere e proprie problematiche psico-affettive.
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È interessante la sentenza della Cassazione in esame soprattutto per due motivi:
1- Mette in evidenza come sia importante nell’affidamento della prole ascoltare il minore e comprendere presso quale dei due genitori voglia essere collocato in maniera prevalente : è un suo diritto imprescindibile.
2- Dà rilevanza giuridica all’alienazione parentale in merito all’affidamento della prole , affermando , nel caso di specie, che non se ne rileva la sussistenza da parte di nessuno dei due genitori.
Ecco il caso : una madre propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello, dolendosi prevalentemente del fatto che il giudice di appello non avesse tenuto in debito conto , nel disporre il collocamento del figlio, in sede di separazione giudiziale, di una maggiore idoneità della stessa a prendersi cura del minore.
Ma la Suprema Corte osserva che invece la sentenza impugnata fonda la sua ratio decidendi in punto di affidamento del minore , in particolare, sulle stesse dichiarazioni del ragazzo, che manifesta senza ombra di dubbio, il desiderio di poter continuare ad essere collocato presso il padre , ove , sostiene di ricevere molte attenzioni
E la Cassazione rileva l’importanza dell’audizione dei minori , già prevista dall’art. 12 della Convenzione di New York sui diritti del Fanciullo , quale adempimento necessario nelle procedure giudiziarie che riguardino minori, soprattutto nelle cause relative al loro affidamento , ai sensi dell’art. 6 della Convenzione di Strasburgo del 1996 , ratificata con la legge n. 77 /2003, nonché dell’art. 155- sexies c.c.applicabile ratione temporis. Pertanto per la Suprema Corte l’ascolto del minore espletato dal Giudice di merito “costituisce una modalità tra le più rilevanti del suo diritto fondamentale ad essere informato e ad esprimere le proprie opinioni nei procedimenti che lo riguardano , nonché elemento di primaria importanza nella valutazione del suo interesse.”
L’idoneità genitoriale, d’altra parte, deve essere accertata dal giudice con apprezzamento globale, tenendo conto, oltre che dell’attitudine morale, della personalità del genitore medesimo, della capacità affettiva, della disponibilità ad un assiduo rapporto e dell’ambiente in cui vive, il tutto in relazione alle esigenze materiali, morali e psicologiche del figlio.
Nel caso in esame il ctu che aveva espletato l’esame del minore aveva riferito in maniera dettagliata al giudicante che non era emerso “alcun segno di alienazione parentale da parte dell’uno o dell’altro genitore” e che nel ragazzo non si riscontravano assolutamente le difficoltà paventate dalla madre.
Pertanto il ctu ne aveva tratto la conclusione – condivisa poi dalla Corte territoriale – che la collocazione del minore presso l’abitazione paterna era “maggiormente conforme al suo attuale interesse , al suo equilibrio e alla sua serenità “ .
Pertanto la Corte di Cassazione riteneva tale ratio della decisione impugnata non inficiata in alcun modo dalle considerazioni di merito e rigettava il ricorso promosso dalla madre del ragazzino.
Notiamo pertanto come nella sentenza in esame la Corte di Cassazione tenga nel dovuto la presenza o assenza di alienazione parentale , quale criterio per discernere se la volontà del minore sia consapevole o indotta da un continuo e assillante lavaggio di cervello da parte di uno dei due genitori. Sappiamo infatti che l’alienazione parentale è una condizione nella quale un figlio o una figlia rifiuta immotivatamente un genitore sulla base di una “campagna di denigrazione” e di una programmazione, più o meno diretta, messa in atto dall’altra figura genitoriale. Spesso tutto ciò scaturisce da una separazione molto conflittuale, in cui uno dei due coniugi intende farla pagare all’altro distruggendolo come figura genitoriale , con una “campagna denigratoria” che , di fatto, porta al suo annullamento. È importante attenzionare tale meccanismo che qualora sussista, può innescare nel minore alienato oltre a grave disagio emotivo-relazionale , vere e proprie problematiche psico-affettive.
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