Tribunale di Catanzaro, decreto n. 246/19 del 05/02/19.
Infine, è utile invitare le parti ad intraprendere un percorso di mediazione /sostegno familiare che coinvolga anche la minore, specie se continuerà ad essere oppositiva verso il padre anche dopo l’adozione dei provvedimenti giudiziali in oggetto. Sul punto non si condividono le preclusioni manifestate dal dott. Pingitore, né si ritiene ipotizzabile una violazione dell’art. 32 Cost. (la citata pronuncia della Cass. 2015/13506 è del resto isolata e la giurisprudenza di merito è di contrario avviso), trattandosi di un semplice invito e non di una imposizione. Il percorso è quindi subordinato al consenso delle parti e comunque finalizzato a realizzare un interesse di pari rango costituzionale (la salute della minore, la famiglia, i diritti inalienabili della persona ex artt.32, 29 e 2 Cost).
Qualche considerazione su questo stralcio:
1. la mediazione familiare non funziona dopo la CTU. Semmai è un intervento che dovrebbe essere tentato agli esordi del procedimento civile (al di fuori di esso), non alla conclusione.
2. non si comprende il motivo per cui un Tribunale debba “invitare” i genitori ad intraprendere un percorso di sostegno familiare. Il Tribunale non può “curare” i genitori per cui perché dovrebbe “invitare”?
3. il percorso sarebbe sicuramente subordinato al consenso delle parti, ma tale consenso risulterebbe senz’altro viziato. Non è sufficiente la sottoscrizione da parte dei genitori del consenso informato poiché tale consenso sarebbe non libero, viziato, indotto dall’invito del Tribunale.
4. “la giurisprudenza di merito è di contrario avviso“: a quale Tribunale si fa riferimento? Ad esempio, i Tribunali di Cosenza e Castrovillari, appartenenti al medesimo distretto del Tribunale di Catanzaro, rispettano il diniego ex art. 32 della Costituzione.
5. il Codice Deontologico degli Psicologi vieta questo genere di interventi professionali in cui il consenso informato risulta viziato.
6. la legge sul consenso informato valorizza la libertà di scelta del soggetto destinatario della prestazione sanitaria (L. 219/17 art. 1) e anche la giurisprudenza di legittimità esprime pareri unanimi su questo punto.
Sintesi:
il Tribunale non può occuparsi della salute dei genitori. Se non può occuparsene, perché deve diagnosticare e/o invitare i genitori a curarsi?

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