Sentenza Cassazione – Sez.6, Sentenza n. 3523 ud. 09/12/2008 dep. 27 gennaio 2009
A fronte della precisa volontà del difensore (privo di consulente), manifestata nel senso di partecipare alle operazioni peritali, anche se di natura medico-legale, deve il giudice provvedere (pena la nullità della perizia espletata) ad assicurare alla difesa dell’imputato, con gli opportuni provvedimenti, l’estrinsecazione del suo pieno diritto, il quale non può certo essere qualitativamente inferiore al “potere di richiesta, osservazione e riserva” che l’art. 230 c.p.p., comma 2 attribuisce al consulente tecnico di parte, che partecipi e sia presente alle attività del perito indicate nell’art. 228 c.p.p. E’ però necessario, posto che nessuna norma prevede esplicitamente la presenza fisica del difensore stesso (a differenza del suo consulente tecnico il quale “può partecipare alle operazioni peritali” in relazione all’art. 230 c.p.p., comma 2), che l’esercizio in concreto di tale diritto sia accompagnato da una precisa espressa richiesta al giudice, tutte le volte in cui le operazioni peritali si svolgano senza la presenza del giudice, e/o il luogo di esecuzione della attività del perito nominato sia costituito da una struttura carceraria o da un luogo privato. Tale richiesta, anche informale ma esplicita, va manifestata all’atto del conferimento dell’incarico ex art. 226 c.p.p., oppure anche successivamente, nel corso dell’attività peritale stessa (che si realizzi e si svolga senza la presenza del giudice), ma in questo ultimo caso come “questione” da rimettersi al giudice – se ve ne è il tempo – al solo effetto di modulare i poteri del perito, medicolegale, avuto riguardo ad una presenza “non tecnica” (nella specie il partecipe alle operazioni peritali non è un “consulente” ma un “avvocato”) ed al fine, ulteriore e non secondario, di rimuovere ostacoli amministrativi o di altra natura che alterino anche di fatto l’esercizio di tale diritto.
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