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Cassazione
Al riguardo, la Corte territoriale, in sostanza, ha disposto il “super-affido” della minore a favore del padre esclusivamente sul rilievo che la condotta della madre in quanto conflittuale con i ctu e con l’ex partner, sarebbe stata finalizzata all’estraneazione della minre dal padre, ovvero ad allontanarla da quest’ultimo.
[…]
Ora, delineati i principi affermati da questa Corte in fattispecie analoghe, occorre rilevare che, nel caso concreto, il contenuto e le conclusioni delle ctu sono in molti punti generici e non chiari circa la ritenuta carenza delle capacità genitoriali della ricorrente.
Anzitutto, se è vero che non è contestato che quest’ultima abbia intrattenuto un rapporto, breve, molto conflittuale con il padre, cercando in qualche occasione, di ostacolare o impedire le visite del padre alla figlia (anche attraverso fatti indiscutibilmente gravi, quali certificati medici falsi e le assenze scolastiche del minore che la Corte di merito imputa alla madre, attingendo dalle relazioni dei CTU) e che la madre non ha collaborato con i ctu, è stato altresì accertato che quest’ultima manteneva con la minore “almeno in apparenza, un sufficiente rapporto di accudimento”. In realtà, la Corte territoriale ha valorizzato, a fini della decisione impugnata, alcuni rilievi critici privi di concretezza empirica, che costituiscono generiche deduzioni tratte da premesse di non univoca interpretazione. Infatti, a sostegno della pronuncia in esame, la Corte territoriale ha fatto riferimento a “gravi ripercussioni ed effetti sulla minore” a “condotte scellerate” della madre senza però indicarle e specificarle, nonché ad un comportamento “improntato a gravi carenze nella genitorialità con volontà tesa ad estraniare la minore dal padre a fronte di una situazione in cui si denota la buona volontà del padre”, omettendo di esplicitare quali siano stati gli specifici pregiudizi per lo sviluppo psico-fisico della minore, peraltro non considerando le possibili conseguenze di una brusca sottrazione della minore alla madre.
In altri termini, il riferimento alla condotta tesa ad estraniare la figlia dal padre – sostanzialmente ricondotta alla cd. PAS, ovvero alla cd. “sindrome della madre malevola” – e la evidenziata conflittualità con l’ex partner, non appaiono costituire fatti pregiudizievoli per la minore alla stregua della descrizione delle vicende occorse, tenuto comunque conto del controverso fondamento scientifico della sindrome PAS, cui le CTU hanno fatto riferimento senza alcuna riflessione sulle critiche emerse nella comunità scientifica circa l’effettiva sussumibilità della predetta sindrome nell’ambito delle patologie cliniche. Sul punto, invero, va rimarcato che la Corte veneziana, esaminando le CTU, ha affermato che sarebbero state riscontrate psicopatologie nei confronti della ricorrente (della madre), intendendo di fatto che le stesse fossero da identificare nella citata PAS (o anche qualificata dal giudice di merito come “sindrome della madre malevola”), considerando l’assoluta mancanza di riferimenti ad altre ipotetiche patologie.

Commento
Sostanzialmente la Corte di Cassazione sostiene che il giudizio di merito soffre di una mancata specificazione delle conseguenze sullo sviluppo psico-fisico del figlio delle condotte della figura materna. Tra l’altro, sarebbero poco chiari quali siano effettivamente le “condotte scellerate” della madre.
Le CTU, inoltre, avrebbero correlato delle psicopatologie della madre ai criteri della PAS o SMM (Sindrome Alienazione Parentale e Sindrome della Madre Malevola) senza un adeguato supporto scientifico, considerato che queste sindromi sono oggetto di discussione e critica all’interno della comunità scientifica.
Si evince da questo stralcio che le CTU abbiano effettuato questa sorta di correlazione: accertamento della psicopatologia della madre —> compatibilità con la diagnosi di PAS/SMM.
Lo sosteniamo da anni ormai: nelle CTU in ambito di separazione e affidamento dovrebbero essere evitati esame di personalità e diagnosi cliniche sui genitori perché inconferenti con la valutazione sulle capacità genitoriali. Le capacità genitoriali richiamano quelle specifiche competenze dei genitori in grado di rispettare e garantire i diritti dei figli ex art. 337-ter comma 1 c.c. Invece, ancora oggi, la capacità genitoriale viene confusa erroneamente con la sanità mentale: se sei sano, sei capace di fare il genitore. Niente di più fuorviante e metodologicamente errato. Infine, come sostenuto da anni ormai, la PAS intesa come Sindrome non ha alcun conforto psicoforense. Il concetto di alienazione parentale non può essere trattato alla stregua di una diagnosi/sindrome, per cui è errato parlare di sindrome di PAS.

Cassazione
Orbene, nella fattispecie, deve escludersi che la Corte d’Appello, nel disporre l’affidamento esclusivo del minore al padre, abbia garantito il migliore sviluppo della personalità del minore stesso, escludendo l’affidamento condiviso su una astratta prognosi circa le capacità genitoriali della ricorrente (della madre) fondata, in sostanza, su qualche episodio sopra citato (pur grave) attraverso cui la madre avrebbe tentato di impedire che il padre incontrasse la bambina, senza però effettuare una valutazione più ampia, ed equilibrata, di valenza olistica che consideri cioè ogni possibilità di intraprendere un percorso di effettivo recupero delle capacità genitoriali della ricorrente, nell’ambito di un equilibrato rapporto con l’ex partner, e che soprattutto valorizzi positivo rapporto di accudimento intrattenuto con la minore, sebbene il riferimento della Corte di merito all’apparenza di tale rapporto costituisca una chiara conferma del fatto che il suo giudizio sia stato incentrato esclusivamente sul disvalore attribuito all’asserita PAS.

Commento
La Cassazione sostiene che la Corte di merito avrebbe dovuto prevede “un percorso di effettivo recupero delle capacità genitoriali della ricorrente”. Questa è una significativa criticità espressa dalla Corte di Cassazione. Come la Corte stessa ha ribadito, in almeno due sentenze (2015, 2019), nessun Giudice può disporre, nemmeno sotto forma di invito, un trattamento psicologico (cd. “percorsi”) in capo ai genitori in aperto contrasto con l’art. 32 della Costituzione e, in generale, con il consenso informato sanitario. Per cui la Cassazione ancora insiste con una visione adultocentrica del procedimento civile di separazione e affidamento dei figli, sostenendo che l’incapacità genitoriale si possa “recuperare” attraverso dei non meglio specificati e vaghi “percorsi”. Perché sarebbe una visione adultocentrica? Perché mentre il Tribunale, attraverso soggetti terzi tipo i Servizi Sociali, tenta di recuperare le capacità genitoriali del genitore, il figlio continuerebbe a subire le conseguenze di quelle specifiche incapacità genitoriali. Sul punto ho scritto e detto tantissimo. Infine, nei casi di alienazione parentale (non intesa come sindrome) il rapporto positivo tra il genitore dominante e il figlio è solo apparente poiché dietro si cela un rapporto debole e strumentale.

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Se è vero, in proposito, che i consulenti hanno riscontrato una forte animosità della ricorrente nei loro confronti e una certa refrattarietà a seguire i suggerimenti e le prescrizioni da loro impartite in ordine al rapporto con la minore e con l’ex partner, è altresì vero che proprio tali limiti caratteriali della madre avrebbero dovuto essere affrontati e valutati nella prospettiva di un’offerta di opportunità diretta a migliorare i rapporti con la figlia, in un percorso scevro da pregiudizi originati da postulate e non accertate psicopatologie con crismi di scientificità.

Commento
Ancora la Cassazione privilegia l’impostazione adultocentrica: la Corte di merito avrebbe dovuto offrire alla madre la possibilità di cambiare i suoi limiti caratteriali in “percorsi” di recupero (rectius “trattamenti psicologici”) che non possono essere né imposti né suggeriti. In ogni caso, mentre il genitore cerca di modificare i propri limiti caratteriali in asseriti “percorsi”, il figlio continuerebbe a subire le conseguenze di quei limiti caratteriali. Tuttavia, è pacifico che in una CTU dovrebbero essere indicati quali possano essere le conseguenze dei comportamenti irresponsabili di uno o entrambi i genitori, aspetto, a quanto pare, non affrontato nel caso specifico.

Cassazione
Dagli atti emerge, invece, che le asprezze caratteriali della ricorrente sono state valutate in senso fortemente stigmatizzante, come espressione di un’ineluttabile ed irrecuperabile incapacità di esprimere le capacità genitoriali nei confronti della figlia, pur in mancanza di condotte di oggettiva trascuratezza o incuria verso quest’ultima, anche minime, o anche di mancata comprensione del difficile del ruolo della madre. Al contrario, proprio il riferimento della Corte veneziana al buon rapporto di accudimento della minore da parte della ricorrente dimostra plasticamente il travisamento in cui lo stesso giudice d’appello è incorso nel ritenere che la madre fosse stata protagonista di un comportamento concretizzante l’invocata cd. PAS desunto dalle predette condotte, attraverso, come esposto, un implausibile sillogismo la cui premessa principale è costituita da un ingiustificato e severo stigma di comportamenti della madre fondato su un mero postulato.

Commento
In sostanza, sembra che la Cassazione critichi (giustamente) la correlazione automatica tra comportamenti inadeguati della madre a quelli elencati nei criteri della PAS (in realtà la teoria della Sindrome PAS non fa riferimento solo alle madri, ma al genitore in generale). Questa valutazione della Cassazione è condivisibile. Non è possibile effettuare una diagnosi clinica su un genitore e poi correlarla forzatamente alla sindrome PAS. Al contrario, non è possibile utilizzare i criteri di Gardner (ideatore della PAS) per ricercarli nei comportamenti dei genitori. Questo è inaccettabile perché metodologicamente errato.

Cassazione
Da tale impostazione del provvedimento in esame discende anche la censurabilità del riferimento al padre quale unico genitore “in grado di dare equilibrio e serenità alla bambina”, affermazione che è il diretto precipitato di quanto argomentato sulla PAS.

Commento
D’accordo con la Cassazione. Alcuni CTU commettono questo errore metodologico:
– utilizzo ancora la teoria della sindrome PAS
– prendo i criteri (8+4) della PAS e li ricerco nei genitori, in questo caso nella madre
– rilevo o peggio diagnostico la PAS
– se rilevo la PAS in cui il genitore alienante è la madre, allora il padre sarà automaticamente valutato positivamente.
Niente di più errato. Nei casi di alienazione parentale (intesa non come sindrome) paradossalmente il soggetto da valutare più nel dettaglio dovrebbe essere proprio il genitore rifiutato: quali sono i suoi limiti? Quali le sue risorse? Le CTU non possono più essere incentrate eccessivamente sul ruolo e sulla funzione del genitore dominante (cd. alienante) che è molto abile ad attirare l’attenzione su di sé facendo perdere le tracce del figlio.

Cassazione
La pronuncia impugnata appare, dunque, essere espressione di una inammissibile valutazione di tatertyp, ovvero configurando, a carico della ricorrente, nei rapporti con la figlia minore, una sorta di “colpa d’autore” connessa alla postulata sindrome. Ora, il collegio non intende (e non può) entrare nel merito della fondatezza scientifica della suddetta PAS, ma deve invece conclusivamente rilevare, in conformità dell’orientamento sopra citato, che i fatti ascritti dalla Corte territoriale alla ricorrente non presentano la gravità legittimante la pronuncia impugnata, in mancanza di accertate, irrecuperabili carenze d’espressione delle capacità genitoriali, considerando altresì il profilo, palesemente trascurato dalla stessa Corte di merito, afferente alle conseguenze sulla minore del c.d. “super-affido” della minore al padre in ordine alla conseguente rilevante attenuazione dei rapporti con la madre in un periodo così delicato per lo sviluppo fisio-psichico della bambina.

Commento
Se la Cassazione cassa giustamente la “colpa d’autore” allora non dovrebbe prevedere l’esame di personalità sui genitori correlandolo alla valutazione delle capacità genitoriali. Anche il Collegio che ha redatto questa ordinanza l’ha fatto a pag. 9 della stessa allorquando cita uno stralcio della sentenza della Cassazione n. 28244/19 in cui viene sollecitato proprio “l’apprezzamento della personalità dei genitori”. Inoltre, il Collegio della Corte di Cassazione non dovrebbe prevedere nemmeno i famigerati “percorsi” psicologici poiché sempre motivati proprio dall’accertamento nelle CTU della “colpa d’autore” tatertyp (rectius “esame della personalità” o meglio “esame del modo d’essere”) contestata dalla stessa Corte. Questa è un’altra contraddizione dell’ordinanza: da un lato viene criticata la “colpa d’autore” connessa alla PAS, dall’altra però si sostiene che i genitori debbano essere aiutati tramite “percorsi” psicologici la cui necessità è insita proprio nella contestata “colpa d’autore” (esame di personalità/modo d’essere dei genitori).
Al di là di queste palesi contraddizioni in cui è incorsa la Corte di Cassazione, la stessa sostiene, sostanzialmente, che la Corte di merito non ha adeguatamente motivato la scelta dell’affidamento super esclusivo al padre, non chiarendo quali siano le condotte irresponsabili della madre e quali le conseguenze sulla figlia dell’allontanamento dalla figura materna.

In questo libro spieghiamo nel dettaglio il concetto giuridico e psicologico dell’alienazione parentale privilegiando il punto di vista del figlio e criticando l’alienazione parentale intesa come PASinsdrome.

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