Cassazione penale, IV sez, sentenza n. 04928/23, Pres. Serrao, Rel. Esposito
3. […] Va ricordato che, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’attendibilità delle persone offese nei reati sessuali deve essere valutata in senso globale, tenendo conto di tutte le dichiarazioni e circostanze del caso concreto e di tutti gli elementi acquisiti al processo (Sez. 3, n. 21640/10); in particolare, la valutazione delle dichiarazioni testimoniali del minore persona offesa di reati sessuali presuppone un esame della sua credibilità in senso onnicomprensivo, dovendo tenersi conto a tal riguardo dell’attitudine, in termini intellettivi ed affettivi, a testimoniare, della capacità a recepire le informazioni, ricordarle e raccordarle, delle condizioni emozionali che modulano i rapporti col mondo esterno, della qualità e natura delle dinamiche familiari e dei processi di rielaborazione delle vicende vissute, con particolare attenzione a certe naturali e tendenziose affabulazioni (sez. 3, n. 29612/10).
Peraltro, come già ricordato nella sentenza rescindente, in tema di violenza sessuale sui minori, la valutazione sull’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla vittima deve tenere conto non solo della loro intrinseca coerenza, ma anche di tutte le altre circostanze concretamente idonee ad influire su tale giudizio, ivi inclusa la veridica sull’incidenza di plurime audizioni della persona offesa in punto di usura della fonte dichiarativa (sez. 3, n. 46592/17).
Va altresì ricordato che i protocolli prescritti dalla Carta di Noto si risolvono in meri suggerimenti diretti a garantire l’attendibilità delle dichiarazioni e la protezione psicologica del minore; pur non dettando regole di valutazione cogenti, rappresentano un importante strumenti di verifica dei dati probatori acquisiti al processo, ma la loro inosservanza non determina nullità né inutilizzabilità della prova (sez. 3, n. 15737/18).
Nella sentenza rescindente si ricordava che le dichiarazioni rese dal minore vanno analizzate considerando le modalità di narrazione delle vicende ai familiari, alla polizia giudiziaria, ai magistrati e agli altri soggetti, tenendo conto delle sollecitazioni, del numero di ripetizioni del racconto, delle modalità utilizzate per sollecitare il racconto, delle modalità delle narrazione dei fatti, del contenuto e delle caratteristiche delle prime dichiarazioni nonché delle loro modificazioni nelle eventuali reiterazioni sollecitate.
Si è altresì affermato che, in tema di reati sessuali, una volta accertata la capacità di comprendere e riferire i fatti della persona offesa minorenne, la sua deposizione deve essere inquadrata in un più ampio contesto sociale, familiare e ambientale, al fine di escludere l’intervento di fattori inquinanti in grado di inficiarne la credibilità (sez. 3 n. 8057/12); occorre accertare il complesso delle situazioni che attingono la sfera interiore del minore, il contesto delle relazioni con l’ambito familiare ed extrafamiliare e i processi di rielaborazione delle vicende vissute (sez. 3 n. 39994/07).
I giudici di merito devono stabilire se il racconto dei fatti, quale emerge dalle dichiarazioni de relato rese dai genitori o da chi abbia ricevuto il primo disvelamento dell’abuso sessuale, corrisponde a quanto il minore ha realmente vissuto, unitamente all’eventuale conferma del racconto stesso in sede di incidente probatorio, tenuto conto degli elementi scaturenti dalle perizie psicologiche effettuate.
5. Alla luce degli elementi di fatto riportati nelle sentenze di merito, emerge la sussistenza di molteplici fattori di rischio idonei ad inficiare l’attendibilità della minore, costituiti principalmente dal conflitto genitoriale, dalla situazione della minore quando si trovava dalla nonna, dagli incontri su turbative sessuali avvenute a scuola e dalle plurime ripetizioni delle dichiarazioni accusatorie a vari interlocutori.
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