Intervista alla Dott.ssa Carmelina Calabrese – Psicologo-Psicoterapeuta, Psicologo Giuridico
1. Dott.ssa Calabrese, prima di tutto grazie per aver accettato quest’intervista. Lei è Responsabile del Servizio Spazio Neutro S.e.N.e.C.A., in cui svolgete i cosiddetti “incontri protetti”. Quanti casi vi arrivano al mese?
Innanzi tutto vi ringrazio per lo spazio concessomi, sono responsabile del Servizio Spazio Neutro S.e.N.e.C.A convenzionato con il XIII Municipio di Roma. Si tratta di un servizio specialistico in cui si lavora sulle relazioni familiari con l’obiettivo di ricostruirle, trattarle, e in alcuni casi valutarle, attraverso lo strumento degli incontri protetti il cui obiettivo è volto a favorire la continuità genitoriale in situazioni di grave pregiudizio per quei minori che vivono situazioni di disagio generate soprattutto da separazioni, divorzi, abuso psicologico, violenza assistita, ecc, favorendo, ove possibile, la bigenitorialità e quindi promuovere il rapporto genitoriale relazionale ed emotivo tra genitori e figli che hanno subito o hanno in corso un’interruzione di rapporto. Le situazioni afferenti allo Spazio Neutro vengono segnalate dal Servizio Sociale e dal Tribunale. Lo Spazio Neutro, si connota, come luogo terzo, imparziale rassicurante, accogliente e sicuro che pone le condizioni migliori per concretizzare l’incontro tra minore ed adulto che, a seconda delle situazioni, privilegerà le funzioni di tutela, di osservazione, di supporto, di trattamento, ecc. Il Servizio Spazio Neutro in sostanza, si attiva, per la tutela del legame genitoriale, come incontri protetti: osservativi – valutativi, trattamentali e di verifica di fattibilità.
2. Quale metodologia utilizzate e da quanti operatori è composta l’èquipe?
L’équipe è composta da tre psicologici clinici, esperti in psicologia giuridica e delle relazioni familiari. Le risorse umane sono così distribuite:

  1. responsabile: psicologo-psicoterapeuta ad orientamento strategico, psicologa giuridica
  2. 2 membri dell’équipe: 2 psicologhe-psicoterapeute, specializzate in terapia familiare
  3. 1 assistente sociale 

La metodologia del Servizio si rifà all’approccio relazionale sistemico e strategico integrato. Gli incontri protetti,  In linea generale, si tratta di un intervento psicologico-giuridico volto a favorire la continuità genitoriale in situazioni di pregiudizio per i minori coinvolti in situazioni di maltrattamento fisico, psicologico e abuso sessuale. In altri termini, l’obiettivo di questo tipo di intervento è quello di facilitare il riavvicinamento relazionale ed emotivo tra genitori e figli che hanno subito o hanno in corso un’interruzione di rapporto. Lo Spazio Neutro, contesto dove si realizza l’intervento, si connota in questi casi, come luogo terzo, imparziale rassicurante, accogliente e sicuro ponendo le condizioni migliori per concretizzare l’incontro tra minore ed adulto che, a seconda delle situazioni, privilegerà le funzioni di tutela, di osservazione a fini valutativi, del supporto, ecc. Il presupposto teorico-concettuale che guida il nostro intervento è che l’accesso ai genitori sia una condizione non solo di diritto quanto soprattutto di tutela della propria identità e quindi come condizione di base per lo sviluppo della propria personalità; ovvero gli incontri protetti vogliono rispondere ad un bisogno fondamentale che è quello di riconoscere e proteggere le radici dei minori allo scopo di acquisire e mantenere una loro identità. In sostanza si tratta di tutelare la prosecuzione del rapporto dei figli con entrambi i genitori, qualunque sia la relazione di coppia, anche allo scopo di prevenire situazioni di disagio giovanile.
3. Quali difficoltà riscontrate frequentemente?
Il territorio nel cui operiamo è un territorio molto vasto e variegato rispetto alle tipologie di utenza e all’esigenza di presa in carico. Le difficoltà che spesso si riscontrano riguardano la possibilità di attivazione di interventi paralleli ed integrati a quello degli incontri protetti. Le situaziioni che arrivano al nostro servizio richiederebbero spesso, oltre al lavoro sulla relazione genitoriale, anche un lavoro di sostegno psicologico sia per gli adulti che per i minori coinvolti, molto spesso questi interventi non possono attivarsi con tempi congruui alle esigenze del caso, per mancanza di risorse nei servizi territoriali. Questo produce spesso un rallentamento del processo di cambiamento e di risoluzione del caso.
4. In linea di massima, quanti casi di PAS riscontrate?
Le situazioni che trattiamo riguardano per la maggior parte dei casi, situazioni di alta conflittualità nella coppia genitoriale, all’interno di tali conflitti accade spesso che si costruiscano disagi che rilevano indicatori di sindrome di alienazione genitoriale. Si tratta di situazioni fortemente incancrinite per le quali necessita un serrato intervento integrato.
5. Secondo la sua esperienza, l’affidamento condiviso è effettivamente realizzabile?
I casi che arrivano al nostro servizio, evidentemente rappresentano un fallimento di una possibilità di cogestione genitoriale. A livello di principio l’affidamento condiviso sarebbe l’istituto verso cui tendere per la promozione della bigenitorialità, ma a mio avviso, per l’esperienza vissuta nel campo, credo che tale istituto debba essere costruito. Intendo dire che si dovrebbe arrivare a formulare un affidamento condiviso dopo un accompagnamento della coppia genitoriale, attraverso un lavoro di mediazione.

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