Cassazione Civile, I sez., ordinanza n. 13217/21, Pres. Genovese, Rel. Caiazzo

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In altri termini, il riferimento alla condotta tesa ad estraniare la figlia dal padre – sostanzialmente ricondotta alla c.d. PAS, ovvero alla c.d. “sindrome madre malevola” – e la evidenziata conflittualità con l’ex partner, non appaiono costituire fatti pregiudizievoli per la minore alla stregua della descrizione delle vicende occorse, tenuto comunque conto del controverso fondamento scientifico della sindrome PAS, cui le ctu hanno fatto riferimento senza alcuna riflessione sulle critiche emerse nella comunità scientifica circa l’effettiva sussumibilità della predetta sindrome nell’ambito delle patologie cliniche.

Leggendo l’ordinanza sorge qualche sintetica considerazione:

– concordo con la Cassazione: non è possibile parlare più di PAS, intesa come sindrome né tantomeno è accettabile il riferimento alla c.d. “sindrome madre malevola” che soffre di criteri scientifici affidabili e validi.
– se viene rilevata l’alienazione parentale (non intesa come sindrome) è dovere del CTU esplicitare dettagliatamente i rischi psicoevolutivi e relazionali del figlio vittima
– è prassi ormai diffusa che i genitori vengano sottoposti a diagnosi cliniche nelle CTU. Questa ordinanza conferma il rischio dell’esame di personalità effettuato sui genitori allorquando il Consulente del Giudice sembra soffermarsi più su presunti elementi clinici che sui comportamenti (in questo caso) ostacolanti il rapporto affettivo tra figlia e padre. In sintesi, verrebbe dato l’affidamento super esclusivo al padre non tanto per i comportamenti irresponsabili rilevati della madre, ma per la diagnosi (orrore!) di PAS ovvero “sindrome madre malevola”.
– i CTU devono smetterla nell’impartire suggerimenti e prescrizioni ai genitori: non rientra nelle loro competenze, nemmeno se previsto nel quesito peritale. Indicativo questo stralcio dell’ordinanza: “Se è vero che i consulenti hanno riscontrato una forte animosità della ricorrente nei loro confronti e una certa refrattarietà a seguire i suggerimenti e le prescrizioni da loro impartite in ordine al rapporto con la minore e con l’ex partner, è altresì vero che proprio tali limiti caratteriali della madre avrebbero dovuto essere affrontati e valutati nella prospettiva di un’offerta di opportunità diretta a migliorare i rapporti con la figlia, in un percorso scevro da pregiudizi originati da postulate e non accertate psicopatologie con crismi di scientificità. Dagli atti emerge, invece, che le asprezze caratteriali della ricorrente sono state valutate in senso fortemente stigmatizzante, come espressione di un’ineluttabile ed irrecuperabile incapacità di esprimere le capacità genitoriali nei confronti della figlia, pur in mancanza di condotte di oggettiva trascuratezza o incuria verso quest’ultima, anche minime, o anche di mancata comprensione del difficile ruolo della madre.
Da tale impostazione del provvedimento in esame discende anche la censurabilità del riferimento al padre quale unico genitore “in grado di dare equilibrio e serenità alla bambina”, affermazione che è il diretto precipitato di quanto argomentato sulla PAS
“.
– i CTU non dovrebbero entrare nel merito dei suggerimenti in merito all’affidamento e al “collocamento” del figlio
– non si da l’affidamento (super) esclusivo ad un genitore perché all’altro viene diagnosticata la PAS (inaccettabile che ancora venga considerata sindrome). E’ necessario, paradossalmente, puntare i riflettori sul genitore rifiutato: che risorse ha? Potrebbe essere in grado di accudire la figlia che (al momento) lo rifiuta? Quali sono i suoi limiti? Come mai la figlia lo rifiuta?
– in questo libro spieghiamo nel dettaglio le dinamiche relazionali dell’alienazione parentale, intesa non come sindrome, ma come processo psicologico

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