Primo commento alla proposta di modifica n. 15.0.8/2 al DDL n. 1662. Prima firmataria Sen. Valeria Valente.

L’emendamento a firma della Senatrice Valeria Valente recita:

n) sostituire la lettera u) con la seguente:
4) l’obbligo di coordinamento con altre autorità giudiziarie qualora il minore debba essere ascoltato in altri procedimenti; la predisposizione di autonoma regolamentazione della consulenza tecnica, anche prevedendo l’inserimento nell’albo dei consulenti tecnici d’ufficio di indicazioni relative alle specifiche competenze, nonché l’obbligo di predisporre albi specifici per consulenti esperti in violenza di genere e nei confronti di minori; la previsione del divieto espresso per i consulenti tecnici di avvalersi, a fini diagnostici, di teorie non scientificamente riconosciute dalla comunità internazionale; l’esclusione della nomina di un consulente tecnico d’ufficio, salvo casi eccezionali espressamente motivati e comunque solo dopo l’accertamento compiuto dal giudice, nei procedimenti di cui alla lettera a), in caso di allegazione di condotte violente da parte di un genitore nei confronti dell’altro o del minorenne; il divieto della nomina di un consulente tecnico d’ufficio nel corso del procedimento incidentale di cui alla lettera a-bis) volto ad accertare la commissione di atti di violenza;

Qualche breve considerazione:

1. perché mai un CTU dovrebbe essere esperto specificamente in “violenza di genere”? Lo psicologo CTU né in sede Civile né in sede Penale (ex art. 196 c.p.p.)  può rilevare/accertare, nemmeno in forma presunta, fatti o comportamenti che possano essere ricondotti a comportamenti violenti. La violenza, fisica e/o psicologica, è un reato e lo psicologo CTU non può accertare presunte violenze. E’ una prerogativa dell’Autorità Giudiziaria non del CTU. E’ come se si volesse chiedere ad un CTU ingegnere, incaricato di analizzare le cause del crollo di un palazzo, di individuare anche di chi sono le responsabilità. Il CTU è un tecnico di ausilio al Giudice e non si può sostituire a lui.

2. «a previsione del divieto espresso per i consulenti tecnici di avvalersi, a fini diagnostici, di teorie non scientificamente riconosciute dalla comunità internazionale». Io sarei stato ancora più drastico della Senatrice Valente: «la previsione del divieto espresso per i consulenti tecnici di effettuare diagnosi cliniche ovvero di svolgere trattamenti sanitari in capo ai genitori». La Senatrice Valente con questa proposta cerca chiaramente di estromettere la tanto contestata teoria della PAS (intesa come sindrome) non riconosciuta scientificamente dalla comunità internazionale. Tuttavia, lascia intatto il potere del CTU di effettuare diagnosi in capo ai genitori. Quel potere chiaramente contestato nell’ultima ordinanza della Cassazione (n. 13217/21) allorquando viene citata la tatertyp: «La pronuncia impugnata appare, dunque, essere espressione di una inammissibile valutazione di tatertyp, ovvero configurando, a carico della ricorrente, nei rapporti con la figlia minore, una sorta di “colpa d’autore” connessa alla postulata sindrome».
Cara Senatrice Valente, il rischio di effettuare una valutazione nei termini di “colpa d’autore” si configura proprio con la possibilità, da parte del CTU, di esprimere un giudizio clinico sulla personalità del genitore correlandolo impropriamente alla capacità genitoriale. Cara Senatrice Valente, se lei lascia la possibilità al CTU di effettuare una diagnosi in capo ai genitori separati/separandi, la PAS (intesa come sindrome) rientrerà dalla finestra, sempre ammesso che con il suo emendamento uscirà dalla porta. Lei cerca di combattere la PAS con…la PAS. Come sostengo ormai da tempo, una soluzione potrebbe essere quella di eliminare alla radice ogni possibilità per il CTU di effettuare l’esame di personalità dei genitori, altrimenti il suo emendamento/intento farà un buco nell’acqua, non apportando nessun cambiamento sostanziale alla questione del diritto di famiglia. Il CTU dovrebbe solo valutare le dinamiche relazionali dei membri della famiglia divisa e restituire la fotografia della situazione al Giudice il quale dovrà prendere autonomamente le decisioni giudiziarie, non delegabili. Cara Senatrice Valente, se lei lascia la possibilità di effettuare diagnosi in capo ai genitori, anche avvalendosi di teorie scientifiche accreditate dalla comunità internazionale, i genitori correranno il rischio di essere valutati non per come si comportano nei confronti del figlio, ma per quello che sono, prevedendo improbabili, inefficaci e potenzialmente dannosi trattamenti sanitari di tipo psicologico imposti dal Tribunale (“se un genitore è valutato come X, deve cambiare in Y”). E mentre il genitore viene “curato” (da cosa?), il figlio?
Cara Senatrice Valente, cerchiamo di privilegiare il punto di vista del figlio rispetto a quello dei genitori. La domanda di partenza non deve essere “I genitori come percepiscono il figlio?”, ma “Il figlio come percepisce i genitori?”. Partiamo da qui pensando a qualsiasi cambiamento.

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