1 – La Corte di appello di Roma, pronunciando sul reclamo proposto da C.A. nei confronti di E.E. avverso il provvedimento in data 3 dicembre 2010 con il quale il Tribunale di Roma, a seguito di domanda di revisione delle condizioni della separazione personale dei coniugi avanzata dal C. , aveva confermato l’affidamento condiviso del minore C.R. , collocato presso la madre, regolando gli incontri settimanali fra il padre e il figlio nonché la sua permanenza nei periodi di vacanza, ha parzialmente accolto il ricorso nel senso di stabilire le possibilità di incontro fra padre e figlio durante i fine settimana, così ovviando a un’omissione del Tribunale, rigettando, nel resto, il reclamo.1.1 – In particolare, quanto alla censura concernente l’omessa audizione del minore, specificamente proposta dal C. , si è rilevato che lo stesso era stato esaminato dalla psicologa della ASL di …, la cui relazione era stata inviata in data 3..7.2010. Da tale elaborato, per altro, si evinceva come le valutazioni operate dal Tribunale, nel senso della collocazione del minore presso la madre e della regolazione degli incontri, corrispondessero all’interesse del minore.
1.2 – Avverso tale provvedimento il C. propone ricorso, affidato a due motivi.La parte intimata non svolge attività difensiva.Motivi della decisione2 – Con il primo motivo (il secondo, in base alla numerazione contenuta nel ricorso: il precedente, in realtà, è privo di censure e tende unicamente a ribadire l’ammissibilità del ricorso, della quale, per altro, non è dato di dubitare) si deduce violazione dell’art. 12 della Convenzione di New York del 20 novembre 1989, dell’art. 6 Cedu, dell’art. 23 del Reg. Ce n. 2001/2003, dell’art. 155 sexies Cod. civ., nonché degli artt. 3, 21 e 111 Cost.. Si afferma che dopo la presentazione del ricorso ai sensi dell’art. 710 c.p.c. era stata più volte avanzata richiesta di audizione del minore, nato il 20 luglio 1997, nel corso del procedimento di revisione, rigettata dal Tribunale con il richiamo alla completezza della relazione del servizio sociale, la cui psicologa aveva più volte sentito il minore. Il motivo di impugnazione introdotto con il reclamo circa la violazione del principio che impone l’audizione del minore, non risultando che i colloqui con il personale del Servizio sociale fossero avvenuti in virtù di una specifica delega da parte del giudice, era stato rigettato dalla Corte di appello mediante il riferimento a una relazione del 3 luglio 2010 dalla quale risultava che il piccolo R. era stato sentito da una psicologa dell’Asl di XXXX.Tanto premesso, si denuncia violazione della normativa sopra indicata, in quanto l’ascolto da parte dei servizi, non essendovi stata una specifica delega da parte del giudice, non poteva avere funzione sostitutiva, e, per altro verso, non risultava che il minore fosse stato informato delle istanze che lo riguardavano e che, quindi, le sue aspirazioni fossero state adeguatamente valutate.2.2 – Con il secondo motivo si denuncia vizio di motivazione in relazione alla suindicata questione, stante la natura meramente apparente delle ragioni addotte dalla Corte per giustificare l’omessa audizione del minore, facendo anche riferimento a un non meglio precisato carattere “controproducente” di tale attività.3 – Entrambi i motivi, che possono essere congiuntamente esaminati per loro intima connessione, sono fondati.3.1 – Questa Corte ha già affermato, anche a Sezioni unite, il valore fondamentale del principio dell’ascolto del minore, sancito nelle Convenzioni di New York del 1989 sui diritti del fanciullo, art. 12, riferito ad “ogni procedura giudiziaria o amministrativa” in quella di Strasburgo del 1996, art. 6, nell’art. 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, e recepito, quindi, nell’art. 155 sexies Cod. civ., introdotto con la l. 8 febbraio 2006, n. 54. In particolare, è stato rilevato che “l’audizione dei minori nelle procedure giudiziarie che li riguardano e in ordine al loro affidamento ai genitori è divenuta comunque obbligatoria con l’art. 6 della Convenzione di Strasburgo sull’esercizio dei diritti del fanciullo del 1996, ratificata con la legge n. 77 del 2003 (Cass. 16 aprile 2007 n. 9094 e 18 marzo 2006 n. 6081), per cui ad essa deve procedersi, salvo che possa arrecare danno al minore stesso, come risulta dal testo della norma sovranazionale e dalla giurisprudenza di questa Corte (la citata Cass. n. 16753 del 2007)” (Cass. Sez. un., 21 ottobre 2009, n. 22238).3.2 – L’ampiezza del riferimento a tutti i procedimenti che in qualche misura riguardano il minore certamente impone di considerare tale principio applicabile ai procedimenti, come quello in esame, di revisione delle condizioni di separazione, laddove implichino valutazioni e statuizioni direttamente incidenti sugli aspetti inerenti all’affidamento e alle scelte che ineriscono alla valutazione dell’interesse del minore.3.3 – L’operatività, in linea generale, del principio comporta l’insussistenza della necessità di motivare specificamente le ragioni della disposta audizione del minore; per converso, si ritiene che il giudice, nelle ipotesi in cui ravvisi di escludere l’ascolto, vale a dire solo quando esso sia manifestamente in contrasto con gli interessi superiori del fanciullo stesso (Cass., 26 aprile 2007, n. 9094; Cass., 11 agosto 2011, n. 17201), sia tenuto a fornire adeguata giustificazione.3.4 – L’imprescindibilità dell’audizione, nei termini sopra delineati, non solo consente di realizzare la presenza nel giudizio dei figli, in quanto parti “sostanziali” del procedimento (Cfr. la citata Cass., n. 22238 del 2009), ma impone certamente che degli esiti di tale ascolto si tenga conto. Naturalmente le valutazioni del giudice, in quanto doverosamente orientate a realizzare l’interesse del minore, che può non coincidere con le opinioni dallo stesso manifestate, potranno in tal caso essere difformi (v. anche Cedu 9 agosto 2006, in ric. n. 18249/02): al riguardo si ritiene sussistente un onere di motivazione direttamente proporzionale al grado di discernimento attribuito al minore (Cass., 17 maggio 2012, n. 7773).3.5 – Questa Corte ha altresì precisato, quanto alle conseguenze dell’omessa audizione del minore, la cui obbligatorietà è normalmente riferita al giudizio di primo grado, che la nullità della sentenza per la violazione dell’obbligo di audizione può essere fatta valere nei limiti e secondo le regole fissate dall’art. 161 c.p.c., e, dunque, è deducibile con l’appello (v. Cass. 27 gennaio 2012, n. 1251). Tale evenienza si è verificata nel caso di specie, avendo il ricorrente, nel rispetto del principio di autosufficienza, espressamente richiamato le doglianze, prospettate con il reclamo, inerenti alla violazione dell’obbligo di audizione da parte del tribunale.4 – Il ricorso in esame, validamente proposto in base a quanto testé rilevato, investe la problematica inerente alle modalità dell’ascolto, per altro particolarmente avvertita da parte dei giudici di merito, che di regola, anche con la formulazione di appositi protocolli, dimostrano una elevata sensibilità al riguardo.Le modalità dell’audizione, che non costituisce un atto istruttorio tipico, bensì un momento formale del procedimento deputato a raccogliere le opinioni ed i bisogni rappresentati dal minore in merito alla vicenda in cui è coinvolto, sono affidate alla discrezionalità del giudice, il quale deve ispirarsi al principio secondo cui l’audizione stessa deve svolgersi in modo tale da garantire l’esercizio effettivo del diritto del minore di esprimere liberamente la propria opinione (Cass., 26 gennaio 2011, n. 1838).4.1 – Si ritiene in maniera quasi unanime, pur esprimendosi da più parti, anche in dottrina, preferenza per l’audizione diretta, che il giudice, soprattutto quando particolari circostanze lo richiedano, possa avvalersi di esperti, delegando agli stessi l’audizione del minore (v., quanto al più recente orientamento di questa Corte, Cass., 26 marzo 2010, n. 7282).4.2 – Non è sufficiente, quindi, che, come sembra ritenere la Corte territoriale, il minore sia stato in qualche modo interpellato o esaminato da soggetti (per altro nel caso di specie non si precisano le circostanze sottese alle relazioni dei servizi sociali che avrebbero proceduto a un non meglio definito esame) le cui relazioni siano state successivamente acquisite al fascicolo processuale, essendo necessario che il soggetto che procede all’audizione sia investito di una specifica delega da parte del giudice competente, inerente al dovere di informarlo di tutte le istanze o scelte che lo riguardano, al fine di acquisire la sua volontà.4.3 – Il provvedimento impugnato, nella misura in cui fa riferimento a non meglio precisati contatti fra i servizi sociali e il minore, senza far alcun riferimento alla delega al riguardo rilasciata, non si è conformata ai principi sopra indicati, ragion per cui deve essere cassato, con rinvio alla Corte di appello di Roma, che, in diversa composizione, provvederà sul reclamo del C. , applicando i principi richiamati e provvedendo, altresì, in merito alle spese relative al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M
La Corte accoglie il ricorso. Cassa il provvedimento impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Roma, in diversa composizione. Visualizza articolo completo Cassazione civile, sez. I, 15 maggio 2013, n. 11687

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By Published On: 30 Dicembre 2013Categories: Sentenze Cassazione0 Comments on Cassazione civile, sez. I, 15 maggio 2013, n. 11687Tags: Last Updated: 30 Dicembre 2013

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