Cassazione civile, sez. I, ordinanza 11/10/2024 (ud. 12/09/2024) n. 26517

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. La ricorrente lamenta, con unico motivo, l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, ex art.360 n. 5 c.p.c., in quanto la Corte d’appello, nel rigettare le richieste avanzate dalla madre e nel disporre l’affido esclusivo della minore al padre, ha ritenuto che “le allegazioni in ultimo svolte dalla Lo., inerenti a comportamenti inadeguati assunti dal padre del Lo. nei suoi confronti, in tesi idonei a squalificarla agli occhi della figlia e ad ingenerare in questa un rifiuto nei suoi confronti (alienazione parentale), anche qualora veritiere non sarebbero idonee a screditare le conclusioni della C.T.U. che si basano su una valutazione della capacità genitoriale di entrambi i genitori e non di certo sulla considerazione che ha la bambina della figura materna, ragione per cui non pare ammissibile la richiesta probatorio avanzata sul punto”.

La ricorrente lamenta che, da alcuni video – messaggi pubblicati sui “social network” dal nonno paterno e prodotti in giudizio, emergeva, oltre all’astio del Lo. e della sua famiglia nei confronti della Lo., pesantemente offesa ed ingiuriata, che la piccola De. fosse oggetto di manipolazioni, da parte del nucleo paterno che la coinvolgeva in dinamiche psicologiche disfunzionali, la cui conseguenza è quella della sindrome da alienazione parentale, dalla quale va senz’altro protetta e tutelata. Altro fatto trascurato dalla Corte d’appello sarebbe la documentazione relativa a procedimento penale a carico di X. per i fatti di reato di cui agli artt. 572 e 609 bis c.p., in danno della Lo.

Del pari, sarebbe stato trascurato come il disturbo dell’adattamento con ansia e deflessione timica, di cui era affetta la ricorrente, sarebbe reattivo alla traumatica separazione dalla figlia, secondo quanto emerso dalle relazioni degli operatori.

2. La censura è inammissibile, non rispondendo ai requisiti del vizio motivazionale ex art. 360 n. 5 c.p.c.

Si invoca, invero, l’insufficienza motivazionale, che non rientra più nel vizio ex art. 360 n. 5 c.p.c.; nel mezzo di ricorso, non si indicano fatti storici (della cui deduzione nel giudizio di merito venga dato conto nel rispetto del canone dell’autosufficienza del ricorso per cassazione) il cui esame, effettivamente omesso nella sentenza gravata, avrebbe portato ad una diversa ricostruzione dei fatti di causa, ma ci si limita a criticare l’apprezzamento delle risultanze processuali operato dal giudice di merito, contrapponendo a tale apprezzamento quello ritenuto più corretto dalla parte e sviluppando argomenti di mero fatto che non possono essere scrutinati in sede di legittimità.

In realtà, si sollecita la Corte di legittimità alla rivalutazione dell’accertamento del fatto compiuto dal giudice del merito, e al riesame delle risultanze istruttorie (Sez. U, n. 34476 del 27.12.2019).

Quanto al video messaggio del nonno paterno della minore (contenente parole offensive nei confronti della Lo.), la Corte d’appello ha esaminato l’allegazione ma ne ha motivatamente escluso la decisività ai fini del decidere e quindi l’ammissibilità della correlata richiesta istruttoria, affermando che “le allegazioni in ultimo svolte dalla Lo., inerenti a comportamenti inadeguati assunti dal padre del Lo. nei suoi confronti, in tesi idonei a squalificarla agli occhi della figlia e ad ingenerare in questa un rifiuto nei suoi confronti (alienazione parentale), anche qualora veritiere, non sarebbero idonee a screditare le conclusioni della C.T.U. che si basano su una valutazione della capacità genitoriale di entrambi i genitori e non di certo sulla considerazione che ha la bambina della figura materna, ragione per cui non pare ammissibile la richiesta probatorio avanzata sul punto”.

Inoltre, va ribadito il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze di prova che ritenga più attendibili e idonee alla sua formazione, né gli è richiesto di dar conto, nella motivazione, dell’esame di tutte le allegazioni e prospettazioni delle parti e di tutte le prove acquisite al processo, essendo sufficiente che egli esponga – in maniera concisa ma logicamente adeguata – gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione e le prove ritenute idonee a confortarla, dovendo reputarsi implicitamente disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con l’iter argomentativo svolto (Cass. n. 29730 del 29.12.2020).

Nella specie, l’affidamento al padre, rafforzato, è stato giustificato sia dalla grave conflittualità ancora esistente tra i genitori sia dalla fragilità delle condizioni psicologiche della Lo., dai limiti delle sue capacità genitoriali, dalla sua incapacità di instaurare un dialogo con il Lo. ed i suoi familiari, dell’assenza di valide figure familiari che possano esserle di supporto. La giurisprudenza di questa Corte in materia di affidamento dei figli minori ha mancato evidenziato che il criterio fondamentale cui deve attenersi il giudice nel fissarne le relative modalità di esercizio è quello del superiore interesse della prole, atteso il diritto preminente dei figli a una crescita sana ed equilibrata (Cass. 21916/2019, Cass. 12954/2018).

Pertanto, la scelta dell’affidamento a uno solo dei genitori, da effettuarsi in base all’interesse prevalente morale e materiale della prole, deve essere sostenuta non solo dalla verifica della idoneità o inidoneità genitoriale di entrambi i genitori, ma anche, e, soprattutto, dalla considerazione delle ricadute che la decisione sull’affidamento avrà, nei tempi brevi e medio lunghi, sulla vita dei figli (Cass. 21425/2022).

All’esito di simili verifiche il perseguimento dell’obiettivo di assicurare l’esclusivo interesse morale e materiale della prole può comportare anche l’adozione di provvedimenti contenitivi o restrittivi di diritti individuali di libertà dei genitori (quale l’affidamento c.d. super esclusivo del figlio a un genitore, all’esito dell’accertamento dell’inidoneità genitoriale dell’altro), senza che occorra operare un bilanciamento fra questi ultimi e l’interesse superiore del minore (Cass. 4056/2023; cfr. anche Cass. 32876/2022).

Questa Corte (Cass. 5108/2012) ha poi chiarito che “In tema di separazione personale, la mera conflittualità tra i coniugi, che spesso connota i procedimenti separatizi, non preclude il ricorso al regime preferenziale dell’affidamento condiviso solo se si mantenga nei limiti di un tollerabile disagio per la prole, mentre assume connotati ostativi alla relativa applicazione, ove si esprima in forme atte ad alterare e a porre in serio pericolo l’equilibrio e lo sviluppo psico-fisico dei figli, e, dunque, tali da pregiudicare il loro interesse” (conf. Cass. 6535/2019).

Nel caso di specie la Corte distrettuale si è posta nel solco dei principi appena richiamati, facendone puntuale applicazione.

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