La previsione di periodi di permanenza del figlio minore con la madre ben superiori rispetto a quelli concessi al padre non viola i principi dell’affido condiviso, che non presuppone necessariamente tempi uguali o simili di permanenza del figlio con entrambi i genitori, e non comporta una compromissione del diritto alla bigenitorialità.
Sentenza Cassazione sez. VI Civile n. 16297/15
Presidente Di Palma – Relatore Dogliotti
In un procedimento di separazione personale tra R.L. e A.S., la Corte d’Appello di Brescia, con sentenza del 6/5/2013, confermando la pronuncia di primo grado, affidava la figlia minore della coppia ad entrambi i genitori in forma condivisa, con collocazione presso la madre, e stabiliva tempi e modalità di permanenza della bambina presso il padre. Ricorre per cassazione il marito, che pure deposita memoria difensiva. Non svolge attività difensiva la moglie. Con il primo motivo il marito deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 155, primo e secondo comma c.c.; assume che la Corte d’appello, pur avendo disposto l’affido condiviso della figlia, avrebbe in realtà stabilito un affido esclusivo alla madre, atei i tempi troppo limitati e contenuti di frequentazione della bambina con il padre compromissione del diritto alla bigenitorialità. La censura non pare fondata. La Corte territoriale, con una valutazione di merito non censurabile in questa sede, confermando la decisione del primo giudice, ha bensì stabilito un regime che vede la bambina rimanere con la madre per un periodo di tempo ben superiore rispetto al padre, ma ciò non implica violazione dei principi dell’affido condiviso, che non presuppone necessariamente, come da prassi ampiamente consolidata, tempi uguali o simili di permanenza del figlio con entrambi i genitori.
La Corte d’appello ha inoltre osservato, con motivazione parimenti congrua ed adeguata, come non sussistano i presupposti per un incremento dei tempi di permanenza della figlia con il padre, potendo essi comunque mantenere e rafforzare il loro rapporto con l’uso del telefono o altri mezzi di comunicazione. Con il secondo motivo, il marito deduce omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Lamenta come la Corte d’appello nulla abbia motivato in ordine alle prove dedotte, finalizzate a comprovare condotte materne pregiudizievoli, ostative ad una collocazione della bambina presso la madre stessa. Le censura è fondata. Come si evince dalla stessa sentenza gravata, il ricorrente aveva formulato un notevole gruppo di capitoli per interpello e testi quanto ad asseriti comportamenti che la moglie avrebbe tenuto verso la figlia durante la convivenza coniugale e successivamente.
La Corte territoriale nulla ha statuito sul punto, avendo ritenuto di confermare la collocazione della figlia presso la madre, che ha convissuto con lei sin dai primi tempi della separazione dei coniugi. Come ha più volte affermato questa Corte, il giudice del merito non è tenuto a motivare specificamente sulla reiezione di tutte le istanze istruttorie, essendo sufficiente che il medesimo giustifichi, con motivazione adeguata, la sua valutazione in ordine alla sufficiente istruzione della causa (Cass. 7504/2011). Ciò non è avvenuto nel caso di specie, posto che la Corte ha fondato la sua decisione circa la collocazione della minore su un mero dato di fatto (prevalente convivenza con la madre) senza puntualmente valutare l’ammissibilità e la rilevanza delle istanze istruttorie dedotte dal padre. Va pertanto in parte qua accolto il ricorso; cassata la sentenza impugnata, con rinvio al giudice a quo, in diversa composizione, anche per le spese.
P.Q.M.
La Corte accoglie in parte qua il ricorso; cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d’Appello di Brescia, in diversa composizione, anche per le spese.

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