Direi proprio di no.
E’ prassi assai diffusa, in Italia, svolgere le CTU, in tema di separazione e affidamento, attraverso un approccio essenzialmente clinico.
Solitamente non manca (quasi) mai una in una CTU:
– l’esame di personalità dei genitori
– somministrazione di test psicologici ai genitori
– diagnosi psicologica sui genitori
Attività cliniche che, tuttavia, appaiono del tutto inconferenti con l’oggetto dell’indagine: idoneità genitoriale.
Le specifiche capacità genitoriali non sono strettamente correlate alla personalità del genitore, anche se molti studiosi sono in grado di sfornare una serie di contributi scientifici che affermano il contrario. Si tratta, in questo caso, di teorie puramente psicologiche che hanno poco a che fare con il contesto giudiziario.
E’ in quest’ultimo, infatti, che nasce il concetto di “idoneità genitoriale” in cui le capacità genitoriali vengono declinate in termini non squisitamente e specificamente psicologici, ma giuridici.
Infatti, potremmo affermare che l’idoneità genitoriale consiste nella capacità di ciascun genitore di rispettare e tutelare i diritti del figlio ex art. 337-ter co. 1 c.c. Nello specifico:
Il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno dei genitori, di ricevere cura, educazione, istruzione e assistenza morale da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Pertanto, oggetto di indagine peritale dovrebbe essere non tanto l’esame di personalità del genitore, ma i comportamenti di quest’ultimo e l’analisi delle dinamiche relazionali tra i vari membri familiari.
Al Tribunale non interessa “perché lo ha fatto“, ma “cosa ha fatto“: al CTU non dovrebbe interessare il motivo per cui un genitore denigra l’altro innanzi al figlio, ma se lo fa e le ricadute psicologiche di quel comportamento sul figlio.
Nel Codice Civile non è presente il termine “idoneità” o “capacità” genitoriale e nemmeno un minimo riferimento all’esame di personalità dei genitori, al contrario, indagine prevista nella Legge 184/83 (affidamento e adozione).
L’Art. 30 della Costituzione parla di “incapacità” del genitore, partendo, com’è giusto che sia, da una condizione di capacità:
E` dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.
Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.
La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.
La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità.
Incapacità del genitore non per un suo disturbo di personalità, ma per l’incapacità di rispettare i diritti del figlio.
Prendiamo tutti pace: in questo genere di casi il Tribunale non può curare, ma tutelare i diritti degli individui, primo su tutti il figlio minorenne.
Alla luce di queste osservazioni, appare pacifico sostenere l’illegittimità della diagnosi psicologica nelle CTU relative all’ambito delle separazioni e affidamento.
Con la Legge n. 3 del 2018 (Legge Lorenzin), lo Psicologo diventa, a tutti gli effetti, figura professionale sanitaria, pertanto soggetta all’acquisizione del consenso informato.
Con l’introduzione della Legge 219/17, per la prima volta in Italia, viene normato e chiarito il concetto di “consenso informato” in ambito sanitario in cui, all’art. 1, viene specificato che per ogni trattamento sanitario il soggetto adulto è tenuto ad esprimere un consenso informato libero e privo di condizionamenti.
Attività quali diagnosi psicologica, esame di personalità e somministrazione di test psicologici rappresentano trattamenti sanitari che necessitano di un consenso informato.
Alla luce di ciò, è evidente come queste attività sanitarie vengano espletate in modo del tutto illegittimo e coercitivo all’interno delle CTU in un contesto prettamente giudiziario.
Una banale differenziazione tra i due contesti, quello clinico e giudiziario: nel primo le prestazioni sono esenti IVA, nel secondo sono soggette ad IVA.
Una differenza banale, ma sostanziale che, tuttavia, marca i due territori: nel contesto giudiziario (separazioni e affidamento) non è possibile svolgere attività sanitaria su soggetti adulti, se non disposta per legge, così come sancito dall’art. 32 della Costituzione.
Dunque, potrebbe compiere un illecito il CTU che effettua trattamenti sanitari in un contesto giudiziario in cui non sono previsti. L’illecito potrebbe configurarsi in una violenza privata ex art. 610 c.p.
Qualcuno potrebbe obiettare: ma è il Giudice che dispone nei quesiti peritali l’esame di personalità, la diagnosi psicologica e la somministrazione dei test psicologici.
Obiezione legittima, ma non condivisibile, in quanto la figura professionale dello Psicologo è autonoma (art. 6 del C.D) e del tutto capace di sottrarsi legittimamente a tali istanze che ledono la libertà personale dei genitori, anche se ritenuti irresponsabili.
E’ un approccio nuovo alla questione, ma non deviante: la norma dovrebbe corrispondere al rispetto delle attuali leggi che non prevedono la possibilità di effettuare indagini cliniche (trattamenti sanitari) sui genitori, seppur in conflitto.
Diagnosi psicologica, esame di personalità e test psicologici sui genitori sembrano attività derivanti dalla Legge n. 184/83 (in cui si parla di idoneità e personalità dei genitori) che hanno successivamente inquinato il concetto di idoneità genitoriale nei casi di separazione e affidamento.

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