Una recente ordinanza della Cassazione ha riacceso il dibattito sul diritto di un minore, figlio di genitori separati, di decidere di sospendere gli incontri con il genitore non affidatario. La questione è delicata e solleva interrogativi cruciali: un minore ha davvero il diritto di non frequentare uno o entrambi i genitori? E se sì, questo diritto si estende anche ad altre aree della sua vita, come la scuola?

Il diritto di rifiuto e l’obbligo di rispetto

È fondamentale chiarire che non esiste un diritto assoluto di un minore di decidere se frequentare o meno un genitore. Al contrario, l’articolo 315-bis del codice civile sancisce l’obbligo del figlio di rispettare i genitori.

Tuttavia, la Cassazione ha sottolineato che la volontà del minore deve essere attentamente valutata caso per caso. Se, dopo un’ampia istruttoria e tentativi di intervento psicologico, i giudici ritengono che il rifiuto del figlio (adolescente) sia motivato e rispettarlo sia nell’interesse superiore del minore, il Tribunale può sospendere temporaneamente gli incontri.

La responsabilità genitoriale e i limiti dell’intervento

La sospensione degli incontri non implica automaticamente una colpa del genitore non affidatario. L’articolo 473-bis.39 del codice di procedura civile prevede un intervento solo in caso di responsabilità diretta e oggettiva del genitore. Cosa può fare, dunque, un genitore di fronte al rifiuto categorico del figlio?

Lo stesso principio si applica al rifiuto di un minore di frequentare la scuola dell’obbligo. Anche in questo caso, dopo aver adempiuto all’obbligo di istruzione, i genitori possono trovarsi impotenti di fronte alla ferma volontà del figlio. L’articolo 570-ter del codice penale solleva i genitori dalla responsabilità in caso di rifiuto “categorico e assoluto, cosciente e volontario” del minore, purché abbiano tentato ogni possibile persuasione e supporto. La Cassazione (Cass. pen., sez. III 29-09-2006, n. 32539) ha confermato questo orientamento, stabilendo che la volontà contraria del minore può costituire “giusto motivo” per escludere la responsabilità penale dei genitori:

Con ciò, invero, il GdP ha disatteso la giurisprudenza di questa Corte sul punto, secondo la quale deve invece ammettersi che la volontà del minore, contraria a ricevere l’istruzione obbligatoria, costituisca «giusto motivo» idoneo ad escludere l’antigiuridicità dell’ipotesi contravvenzionale di cui all’articolo 731 Cp ascritta al genitore, sempre che si tratti di rifiuto categorico ed assoluto, cosciente e volontario, dell’obbligato, e che il rifiuto permanga dopo che i genitori abbiano usato ogni argomento persuasivo ed ogni altro espediente educativo di cui siano capaci secondo il proprio livello socio, economico e culturale ed abbiano fatto ricorso, se le circostanze ambientali lo consentano, agli organi di assistenza sociale (cfr. Sezione terza, 23 novembre 1987, Gentilezza, m. 178.226).

In conclusione, il rifiuto di un figlio di incontrare un genitore o di sottoporsi a un trattamento psicologico, anche con il consenso dei genitori, deve essere valutato caso per caso.

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