Corte di Cassazione Sezione 3 Penale Sentenza del 8 maggio 2009, n. 19323
PROVVEDIMENTO IMPUGNATO E MOTIVI DEL RICORSO
La Corte d’Appello di Lecce, con la sentenza qui gravata, ha confermato integralmente la condanna alla pena di 8 anni e 10 mesi di reclusione inflitta a C.T. , ritenuto responsabile di violenza sessuale continuata in danno delle figlie minori, La. e Pa. , nonche’ di maltrattamenti nei confronti delle stesse e degli altri componenti il nucleo familiare, moglie ed altri figli minori. Avverso tale decisione, ha proposto ricorso la difesa del C.T. deducendo:
1) contraddittorieta’ e carenza della motivazione e, comunque, contrasto e violazione delle norme procedurali in tema di accertamenti irripetibili, di incidente probatorio e di diritto di difesa (articolo 606 c.p.p., lettera b), c), d) ed e) in rel. agli articoli 359, 360, 401, 498 e 196 c.p.p.). Piu’ nello specifico, il ricorrente lamenta:
a) la nullita’ ed inutilizzabilita’ della consulenza tecnica espletata dal dott. De. Gi. su incarico del P.M. e, quindi, la nullita’ dell’ordinanza dibattimentale emessa all’udienza del 17.1.05 dal giudice di primo grado su detta eccezione. Il c.t. fu incaricato dal P.M. di pronunciarsi sulla capacita’ a testimoniare delle minori Ca.Lu. e Ca. Pa. ma, secondo il ricorrente – dal momento che, soprattutto la minore La. , presentava una personalita’ complessa e problematica – tale accertamento avrebbe dovuto essere svolto ai sensi dell’articolo 360 c.p.p. se non proprio con le forme dell’incidente probatorio; e cio’, sia, al fine di evitare pericoli manipolatori, sia, in considerazione del fatto che l’oggetto dell’accertamento era soggetto a modificazioni e, come tale, irripetibile;
b) la nullita’ ed inutilizzabilita’ dell’incidente probatorio nel corso del quale l’esame della minore Ca. La. e’ stato condotto dal consulente del P.M. dott. De. Gi. anziche’ direttamente dal giudice o da un esperto in psicologia infantile (considerato anche che il dott. De. Gi. e’ solo uno psichiatra e criminologo clinico) e cio’ in contrasto con l’articolo 498 c.p.p., comma. Dal verbale di ascolto dell’8.3.02, emerge che l’esame della minore e’ stato condotto da tale consulente che, per di piu’ avrebbe posto delle domande chiaramente suggestive (specificate nel ricorso);
c) contraddittorieta’ della motivazione e violazione del diritto di difesa nella parte in cui la Corte ha respinto l’istanza di rinnovazione del dibattimento mediante esame del M.llo Sc. e perizia sulle condizioni psichiche della minore in quanto, il primo, aveva partecipato all’espletamento di intercettazioni ambientali dall’esito asseritamente “negativo” che, pero’, avrebbero potuto giovare ai fini della difesa mentre, la seconda, mirava evidentemente a colmare le lacune evidenziate in sede di indagini e di istruttoria dibattimentale considerate anche la nullita’ ed inutilizzabilita’ della testimonianza del dott. De. Gi. (il quale non avrebbe potuto essere sentito in tale veste avendo egli attestato di aver partecipato, il 6.2.01, all’assunzione di un s.i.t. da parte della p.g. dove le minori La. e Pa. avrebbero dovuto incontrarsi con i fratelli) e di quelle della teste D. nonche’ dei disegni acquisiti.
2) contraddittorieta’. carenza ed illogicita’ della motivazione (articolo 606 c.p.p., lett b), c), d) ed e) in rel. all’articolo 530 c.p.p., o articolo 530 c.p.p., comma 2) nella parte in cui la decisione della Corte si fonda essenzialmente su di un atto nullo ed inutilizzabile come la c.t. del dott. De. Gi. posto che la testimonianza della minore La. e’ “evento complesso” che avrebbe dovuto essere valutato con maggiore attenzione sotto il profilo della sua influenzabilita’, la teste D. si e’ limitata valutazioni personali e la superiora Suor Am. ha fornito solo dichiarazioni de relato.
Il ricorrente conclude invocando l’annullamento senza rinvio della decisione impugnata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso e’ ai limiti dell’inammissibilita’ e, comunque, infondato si’ da dover essere respinto. Esso si risolve, infatti, in apodittiche e reiterate affermazioni di carenza ed illogicita’ ovvero di inutilizzabilita’ e nullita’ che, in buona sostanza, finiscono per ribadire, abbastanza pedissequamente i motivi di appello sui quali la Corte ha invece risposto in modo puntuale, ordinato, chiaro, coerente ed argomentato con, plurime e pertinenti, citazioni giurisprudenziali. Ineccepibile, pertanto, e’ la replica della Corte alle questioni afferenti l’asserita nullita’ e/o inutilizzabilita’ quando opera, in primo luogo, una corretta puntualizzazione circa i diversi ambiti di operativita’ di tali istituti che sono, comunque, caratterizzati, entrambi, da una “tassativita’” che e’ prevista dalla legge (per le nullita’) e dalla giurisprudenza (per le inutilizzabilita’) (da ult., sez. 2, 8.3.00, Pozzi, n. 20100).
Quanto alla questione di cui al primo motivo sub a) e’ esatta l’affermazione che legittimamente il P.M. dispose c.t. per verificare se i minori, che avevano raccontato di ripetuti abusi sessuali, potessero riferire a riguardo in modo attendibile (non, quindi, se fosse attendibile cio’ che essi dicevano ma se fossero in grado di dire) apparendo ragionevole il dubbio che fossero insorte problematiche psicologiche, o addirittura psicopatologiche, che ne potessero minare la capacita’ di deporre. Non vi e’, del resto, motivo di ritenere che si tratti di un accertamento tecnico irripetibile si’ da richiedere l’informazione al difensore dell’imputato.
Sono, infatti, irripetibili quegli accertamenti che riguardano oggetti, persone cose e luoghi che possano perdere ontologicamente, ovvero in tempo breve, ogni valenza probatoria in reazione ai fatti oggetto di indagine o di eventuale futuro giudizio. Certamente, cio’ non vale nell’ipotesi di esame di minori neanche se – piuttosto suggestivamente – si pone l’accento sul fatto che si tratta di esseri “manipolabili”. A prescindere dal rilievo che si tratta di pura eventualita’ e che, nel concreto, non vi e’ motivo di dubitare che si sia verificata, si puo’ anche replicare che, esasperandolo, l’argomento potrebbe essere valido anche per adulti con una personalita’ non particolarmente strutturata senza che per questo si debba necessariamente procedere con le forme di cui al 360 c.p.p. in tutti i casi di esame di chi dichiari di aver subito abusi. Il punto e’, comunque, che, non si deve confondere la irripetibilita’ del rilievo con quella dell’accertamento. Sebbene il concetto sia stato enunciato da questa S.C. (sez. 1, 3.6.94, Nappi, Rv. 200176) con riferimento ad ipotesi diversa, il principio ha una sua valenza anche trasferendolo nel caso in esame dove si tende a confondere la possibilita’ dell’accertamento in se’ (inteso come acquisizione di dati) con lo studio e la elaborazione critica dei dati stessi.
Giustamente si e’ detto, nell’occasione, che “la irripetibilita’ dei rilievi, piu’ specificamente dell’acquisizione dei dati da sottoporre ad esame, non implica necessariamente la irripetibilita’ dell’accertamento”. Se cio’ era valido nel caso esaminato della Corte nella sentenza appena citata (in cui, addirittura il campione esaminato si era esaurito nell’atto stesso) a fortiori cio’ deve ritenersi possibile nel caso di minori certamente ancora esaminabili – ove se ne ravvisi l’esigenza -. E cio’, nel caso in esame, era tanto vero che fu la stessa difesa – come bene evidenzia la Corte – “all’udienza dibattimentale del 17 gennaio 2005…a formulare, ai sensi dell’articolo 507 c.p.p. richiesta di una perizia con la nomina di un neuropsichiatra”.
La citazione e’ particolarmente pertinente perche’ pone l’accento sulla contraddittorieta’ intrinseca nell’argomento difensivo quando, per un verso, assume che gli accertamenti sui minori sarebbero stati nulli per mancato avviso alla difesa (trattandosi di accertamenti irripetibili – per essere i minori “soggetti a modifiche”-) e, per altro verso, invoca un incidente probatorio avente lo stesso oggetto “dimostrando cosi’ di credere che un nuovo accertamento sulla capacita’ di testimoniare delle minori, a distanza di anni, dalla consulenza del dott. De. Gi. , fosse ancora possibile” (f 9). Ineccepibile e’ la risposta che la Corte offre anche sulla censura di cui al primo motivo sub b) quando replica che la presenza e partecipazione del consulente tecnico del P.M. all’assunzione di quell’atto istruttorio” (n.d.r. incidente probatorio) doveva ritenersi “pienamente legittima” e che, comunque, “l’esame del verbale di ascolto smentisce i rilievi fatti dalla difesa in ordine alla irritualita’ assoluta del suo svolgimento ….essendo documentata, non solo, la presenza del G.i.p. e della dott.ssa S. , ma anche il loro alternarsi nel proporre le domande … (e che) … il Giudice consenti’ al dr. De. Gi. di intervenire durante l’esame perche’ conosceva bene la minore per averla in precedenza sottoposta agli accertamenti necessari per verificare al sua capacita’ a testimoniare”. Nessuna irritualita’, quindi, e – giustamente conclude la Corte – quand’anche si voglia ravvisare qualche profilo di non completa ortodossia, non darebbe luogo ad alcuna nullita’ ne’ inutilizzabilita’ per mancanza di una previsione apposita (f. 12).
Non si puo’ accogliere neanche il primo motivo sub c) perche’ – come molto lucidamente obiettano i giudici di merito – con esso, innanzitutto, il ricorrente cade in contraddizione con se’ stesso sostenendo, per un verso, che l’incidente probatorio sarebbe stato nullo perche’ condotto dal dr. De. Gi. “non nominato ausiliario del giudice”, mentre, per altro verso, con la presente censura si assume la incompatibilita’ del dr. De. Gi. a testimoniare perche’ “ausiliario del giudice”. In ogni caso, decisiva e corretta e’ la puntualizzazione fatta nella sentenza impugnata circa il fatto che – per enunciato di questa S.C. (sez. 3 17.2.04, n. 14794) – “l’ausiliario del giudice o del pubblico ministero si identifica con l’ausiliario in senso tecnico, ossia con l’appartenente al personale di cancelleria e segreteria e non gia’ con un estraneo all’amministrazione della giustizia che si trovi a svolgere di fatto, ed occasionalmente determinate funzioni previste dalla legge. Pertanto non riveste la qualita’ di ausiliario il consulente tecnico del pubblico ministero, per il quale non puo’ valere la condizione di incompatibilita’ a testimoniare prevista dall’articolo 197, comma 1, lettera d)”. Ad ogni buon conto, l’eventuale incompatibilita’ a testimoniare di chi ha svolto nel medesimo procedimento la funzione di ausiliario del P.M. o del giudice non e’ assoluta (sez. 3 9.3.98, Spina, Rv. 210708) ma solamente relativa, volendo il legislatore evitare che tali soggetti possano essere assunti come testi sulle conoscenze relative a fatti e circostanze appresi nell’esercizio della funzione di ausiliario; permane, pertanto, la possibilita’ di sentirli come testi in relazione ad attivita’ poste in essere “nello svolgimento di funzioni diverse”. Per concludere sul presente motivo – meramente replicativo delle analoghe eccezioni svolte in appello – non si possono che richiamare le corrette e puntuali repliche della Corte, in ordine all’acquisizione dei disegni della bambine ed alle deposizioni della dott.ssa Do. e della dott.ssa Ve. (ff. 16 e 17), secondo cui non valgono le eccezioni circa la loro asserita inutilizzabilita’, anche alla luce della costante giurisprudenza di questa S.C. (sez. 5, 29.9.04) secondo cui “il divieto di esprimere apprezzamenti personali non si applica nel caso in cui il testimone sia persona particolarmente qualificata, in conseguenza della sua preparazione professionale, quando i fatti in ordine ai quali viene esaminato siano inerenti alla sua attivita’, giacche’ l’apprezzamento diventa inscindibile dal fatto, dal momento che quest’ultimo e’ stato necessariamente percepito attraverso il “filtro” delle conoscenze tecniche e professionali del teste”. Incensurabile e’, infine, la scelta della Corte di considerare superflui, tanto, l’audizione del maresciallo Sc. (al cui riguardo bene si pone in luce la genericita’ delle ragioni di rilevanza e decisivita’ di tale prova), quanto, una perizia psichiatrica (v. ff. 19 e 20).
La giustezza di tale ultima scelta e’ confermata da quegli stessi principi di diritto per i quali deve essere respinto anche il secondo motivo di ricorso. Ed infatti, va rammentato che la verifica che compete in sede di legittimita’ “non puo’ risolversi in una valutazione della prova al punto da optare per la soluzione che si ritiene piu’ adeguata alla ricostruzione dei fatti, valutando, ad esempio, l’attendibilita’ dei testi o le conclusioni di periti o consulenti tecnici” (sez. 4, 17.9.04 n., Cricchi, Rv. 229690). Cio’ vuol dire che ineccepibile e’ la scelta della Corte di condividere le conclusioni del dr. De. Gi. (e, per l’effetto considerare superflua la perizia invocata) ma anche incensurabili sono le ulteriori valutazioni della Corte in tema di valutazione dell’attendibilita’ dei testi perche’ cio’ e’ avvenuto in modo rigoroso e logico. Una diversa (astrattamente possibile) lettura di quanto emerso non renderebbe per cio’ stesso sindacabile la sentenza impugnata. Sta di fatto, comunque, che la motivazione qui criticata risulta piu’ che congrua sia in termini quantitativi che qualitativi e mostra di avere esaminato tutte le emergenze e di averle commentate in maniera logica ed assolutamente plausibile si’ da essere, come tale, scevra da vizi di sorta anche per le conclusioni cui alla fine e’ pervenuta. Nel respingere il ricorso, segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Visti gli articoli 637 e ss. c.p.p., rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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