E’ il quesito del 2019: se il Tribunale non può occuparsi della cura dei genitori, perché il CTU effettua diagnosi psicologiche sul padre e sulla madre?
Il Giudice non può disporre trattamenti sanitari sui genitori, soggetti adulti. Lo vieta l’art. 32 della Costituzione:
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.
Lo sancisce, in pochi lo sanno, anche il Codice Deontologico degli Psicologi. Per approfondimenti, si rimanda a questo documento.
Pur volendo superare questo diniego, qual è la ratio alla base di queste cattive prassi?
Il Tribunale ritiene che il conflitto genitoriale arrechi danno al figlio, seguendo un ragionamento circolare del tipo:
1. c’è un conflitto tra i genitori che genera disputa legale per l’affidamento del figlio. Il conflitto genitoriale corrisponde ad un pregiudizio per la salute del figlio
2. il conflitto genitoriale è generato dalla personalità dei genitori
3. il CTU valuta la personalità dei genitori, anche attraverso test psicologici di personalità
4. la personalità dei genitori presenta “anomalie” che generano il conflitto
5. è necessario un intervento sanitario sui genitori
6. il CTU invita/suggerisce un “percorso” psicologico per i genitori
7. il Tribunale accoglie l’invito del CTU e “ordina” o “prescrive” il famigerato “percorso”
8. il “percorso” dopo due/tre incontri inesorabilmente fallisce
9. il conflitto genitoriale è ancora presente
10. si passa al punto 2 oppure si tentano le carte del “coordinatore genitoriale” oppure degli “incontri protetti”. In ogni caso, interventi sui genitori perché è valido sempre il punto 2.
Quindi, il Tribunale deve intervenire per ridurre o, addirittura, risolvere il conflitto tra i genitori. Da questa convinzione nasce la tendenza a disporre cure psicologiche: sostegno psicologico familiare, sostegno psicologico individuale, psicoterapia familiare, psicoterapia individuale et similia.
Se i genitori si curano, il figlio si salva. Ma per cosa, precisamente, i genitori dovrebbero essere curati? Dal conflitto? Ma il conflitto non è mica una malattia o un disturbo. Allora, forse, dovrebbero curare la loro personalità che genera il conflitto?
Ma esiste una personalità in grado di non generare un conflitto? Su quali aspetti della personalità del genitore, esattamente, lo Psicologo dovrebbe intervenire?
Prendiamo il caso di un padre narcisista e una madre passivo-aggressiva: lo Psicologo dovrebbe lavorare sull’assenza di empatia del primo e sulla scarsa assertività della seconda? Dopodiché, il conflitto sparisce? E chi lo garantisce?
Senza motivazione, nessun trattamento sanitario di tipo psicologico potrebbe funzionare. Il Tribunale dovrebbe occuparsi di tutelare i diritti del figlio, senza preoccuparsi di curare i genitori.
I genitori possono pure continuare a litigare, l’importante è che siano capaci di tutelare i diritti del figlio (art. 337-ter co. 1 c.c.).
Facciamo un esempio pratico di un primo colloquio tra genitore e Psicologo dipendente di un servizio pubblico:
G: salve, sono qui oggi perché dovrei iniziare un percorso psicologico con lei. Me lo ha imposto il Tribunale. Nell’ordinanza c’è scritto che lei deve risolvere il conflitto tra me e la mia ex moglie per il bene di mio figlio.
P: buongiorno, quindi lei non è motivato, non viene spontaneamente?
G: in un certo senso sì, cioè vengo spintaneamente, non so se mi capisce. Spontaneamente, ma spinto dal Tribunale.
P: se non viene cosa succede?
G: il Tribunale potrebbe decidere di limitare l’esercizio della mia responsabilità genitoriale.
P: sì, leggo qui nell’ordinanza. Tenga presente che successivamente dovrò scrivere una relazione sull’esito di questo trattamento.
G: quindi mi scusi, sono libero di sottopormi a questo trattamento oppure no?
P: lei è libero di non venire più, ma sappia che dovrò farlo presente al Tribunale.
G: quindi non sono libero!
P: nemmeno io. Se non eseguo il mandato del Tribunale, potrei incorrere in reato di omissione di atti d’ufficio, art. 328 c.p.
G: quindi siamo entrambi minacciati?
P: proviamo ad usare un sinonimo di “minaccia”: entrambi rischiamo qualcosa.
Può bastare?
Le terapie imposte non tutelano nessuno: il genitore che non è libero di scegliere; il professionista sanitario che è costretto a lavorare in condizioni contrarie alla legge e ai principi deontologici; il figlio che continuerebbe a subire le condotte pregiudizievoli di uno o entrami i genitori mentre spintaneamente si fanno curare.
E’ un sistema al collasso che va modificato.
Tra l’altro, i trattamenti sanitari sui genitori imposti dal Tribunale rappresentano un grave pregiudizio per l’autonomia e la credibilità della Categoria professionale degli Psicologi.
Sono necessari interventi istituzionali forti e decisi per tutelare, prima di tutto, i cittadini (genitori e figlio) e, successivamente, gli Psicologi.

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2 Comments

  1. Alice 11 Febbraio 2021 at 11:27

    Le motivazioni sono bene esposte ma non ho compreso la soluzione proposta, se c’è. Ad oggi mi pare che né tribunali né psicologi siano in grado di intervenire su situazioni anche piuttosto gravi, genitori organizzati a livello borderline che rendono la vita impossibile anche a figli e parenti maggiorenni, veri e propri sequestri di persona fatti con ricatti psicologici ed economici. Oggi vanno per la maggiore i compagni (supposti) narcisisti, ogni tanto salta fuori qualcosa sull’abuso infantile, l’hype è sempre mediatico, ma della moltitudine di situazioni gravi e invalidanti che si possono generare a causa di forti tratti o disturbi ci si occupa troppo poco e troppo all’acqua di rose. Non è un sassolino nella scarpa, è un elefante. Basta vedere i casi di cronaca familiare. La legge deve disporre di misure come il TSO e gli addetti devono avere accesso a metodologie standardizzate ed estremamente efficaci (serve più ricerca). Fortunatamente non si sentono quasi più frasi come “il disturbo x è incurabile” ma trovo l’atteggiamento di tanti troppo rinunciatario o naive. Studiando nel campo psicologico, questa è l’idea che mi sono fatta.

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